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Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/131

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Sofonisba, Massinissa, Soldati Numidi.

Massin. Donna, deh! quí t’arresta: ecco del duce

il padiglione: udito, o visto appena
Scipione avrai, che dal tuo cor disgombro
ogni sospetto fia.
Sofon.   Né ancor sei pago,
o Massinissa? alta, terribil prova
d’amor li do, figlia d’Asdrubal io,
nel venir teco entro al romano campo:
ma, ch’io sostenga l’abborrito aspetto
del roman duce?... ah! troppo vuoi...
Massin.   Ma questo
campo ove stiamo, il puoi Numida al pari
che Romano appellare. Un forte stuolo
de’ miei v’ha stanza, ed io di guerra stovvi
non inutile arnese. Omai tu figlia
piú d’Asdrubal non sei, né di Siface
vedova piú, da che promessa sposa
di Massinissa sei.
Sofon.   Deh! non ti acciechi
l’amistá troppa, che a Scipion ti stringe.
Qual ch’egli sia costui, Romano è sempre;
quindi ei pospone a Roma tutto; e a nullo
dei nemici di Roma esser può mite.