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cadean recise dai romani brandi.

Or, ciò che Roma, entro al confin ristretta
d’Italia sola, assentir mai non volle,
il soffrirebbe or che i confin del mondo
di Roma il sono? E, sorda fosse anch’ella
a sue glorie; poniam, che il Parto andarne
impunito lasciasse; a lei qual danno
non si vedria tornar dal tristo esemplo?
Popoli molti, e bellicosi, han sede
fra il Parto e noi: chi, chi terralli a freno,
se dell’armi romane il terror tace?
Grecia, Illiria, Macedoni, Germani,
Galli, Britanni, Ispani, Affrica, Egitto,
guerriera gente, che oltraggiata, e vinta,
d’ogni intorno ne accerchia, a Roma imbelle
vorrian servir? né un giorno sol, né un’ora.
Oltre all’onor, dunque innegabil grave
necessitade a vol nell’Asia spinge
l’aquile nostre a debellarla. — Il solo
duce a tanta vendetta a sceglier resta. —
Ma al cospetto di Cesare, chi duce
osa nomarsi? — Altro eleggiamne, a patto,
ch’ei di vittorie, e di finite guerre,
e di conquiste, e di trionfi, avanzi
Cesare; o ch’anco in sol pugnar lo agguagli. —
Vile invidia che val? Cesare, e Roma,
sono in duo nomi omai sola una cosa;
poiché a Roma l’impero alto del mondo
Cesare sol rende, e mantiene. Aperto
nemico è dunque or della patria, iniquo
traditor n’è, chi a sua privata e bassa
picciola causa, la comun grandezza
e securtá posporre, invido, ardisce.
Cassio Io quell’iniquo or dunque, io sí, son quello,
cui traditore un traditore appella.
Primo il sono, e men vanto; or che in duo nomi