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302 bruto secondo
e il non n’essere offeso, e il non odiarti,

sicure prove esser ti denno, e immense,
che un qualche strano affetto io pur nudrisco
per te nel seno. — A me sei caro, il credi;
e molto il sei. — Ciò ch’io di compier, tempo
omai non ho, meglio da te compiuto
vo’ ch’ei sia, dopo me. Lascia, ch’io aggiunga
a’ miei trionfi i debellati Parti;
ed io contento muojo. In campo ho tratto
di mia vita gran parte; il campo tomba
mi fia sol degna. Ho tolta, è vero, in parte
la libertá, ma in maggior copia ho aggiunto
gloria a Roma, e possanza: al cessar mio,
ammenderai di mie vittorie all’ombra
tu, Bruto, i danni, ch’io le fea. Secura
posare in me piú non può Roma: il bene
ch’io vorrei farle, avvelenato ognora
fia dal mal che le ho fatto. Io quindi ho scelto,
in mio pensiero, alle sue interne piaghe
te sanatore: integro sempre, e grande,
stato sei tu; meglio di me, puoi grandi
far tu i Romani, ed integri tornarli.
Io, qual padre, ti parlo;... e, piú che figlio,
o Bruto mio, mi sei.
Bruto   ... Non m’è ben chiaro
questo tuo favellare. A me non puote
in guisa niuna mai toccar la ingiusta
sterminata tua possa. E che? tu parli
di Roma giá, quasi d’un tuo paterno
retaggio?...
Cesare   Ah! m’odi. — A te piú omai non posso
nasconder cosa, che a te nota, or debbe
cangiarti affatto in favor mio.
Bruto   Cangiarmi
puoi, se ti cangi; e se te stesso vinci;
trionfo sol, che a te rimanga...