Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/389

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invenzione 383

agli occhi, e che, operato in palco dai soli personaggi importanti, dovea ben altramente commuovere gli spettatori: come altresí, quando gli è convenuto narrare, non si è mai servito di un narratore indifferente e non importante attore, per annunziar la catastrofe.

Quanto poi ai presenti caratteri, chi si vorrá chiarire se questi siano o non siano diversi dagli altrui, ponga accanto ad uno qualunque di questi personaggi i piú noti, e i piú spesso trattati, un altro simile d’altro autore; per esempio quest’Oreste, quest’Egisto in Merope, questo Marco Bruto, accanto all’Oreste, Egisto, e Bruto, di Voltaire, di Crebillon, del Maffei o di altro pregiato scrittore; ed io credo impossibile che la total differenza, per quanta ve ne possa essere in un personaggio stesso nel fatto stesso, non venga chiaramente a manifestarsi. E chi vorrá pure chiarirsi se questi caratteri, diversi giá dagli altrui, vengano poi anche ad essere diversi fra loro, ponga accanto l’un l’altro alcuni di questi personaggi, i quali per somiglianza di passione, e di circostanze, debbano in molte cose esser simili, e vedrá se veramente lo siano. Si paragonino, per esempio, i tiranni fra loro; Filippo a Creonte; Egisto d’Oreste, con Polifonte; Appio, Timofane, e Cesare, fra loro; Nerone a Cosimo, etc.: ovvero si confrontino i buoni re, che in queste tragedie, come in natura, saranno sempre pochissimi; per esempio Agamennone, Agide, e Ciniro: o si raffrontino gli amanti, come Carlo, Emone, Icilio, Ildovaldo, e Peréo: o i difensori di libertá, come Icilio, Timoleone, Raimondo, Agide, Bruto primo, e Bruto secondo: o le donne tenere, come Isabella, Argía, Mirra, Romilda, Bianca, e Micol: o le madri, come Clitennestra, Giocasta, Numitoria, Merope, Agesistrata, Eleonora, e Demarista: o le donne forti, come Antigone, Virginia, Sofonisba, e Rosmunda: o perfino anco si raffrontino i subalterni fra loro: come Gomez, e Tigellino; Perez, Polidoro, e Seneca; Echilo, e Pilade; Abner, e Botuello; Achimeléch e Lamorre, etc. Da questo confronto si verrá facilmente a conoscere se l’autore abbia saputo altrettanto diversificare i caratteri suoi, quanto inventarli diversi dagli altrui.

Non intendo io con tutto ciò di asserire, e far credere altrui, che questi caratteri siano meglio ideati ed eseguiti che altri da altri: ed ancorché nel profondo del cuore l’autore sel creda, (che se nol credesse a stampa non li darebbe) il censore tuttavia esaminandoli col dovuto critico sguardo, ritrova in essi non piccioli ed anche non pochi difetti, fra qualche bellezza: ma colla stessa