Pagina:Alfieri - Rime scelte, Sansoni, 1912.djvu/196

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168 rime varie


4 Sue Furie sí, che il di lui giuro1 han vinto.
L’asta infallibil, ecco, e il già discinto
Scudo afferrando, i sanguigni occhi ei gira
Dove infra’ Teucri Ettórre andarsen mira
8 D’alta baldanza di vittoria cinto.2
Patróclo e Achille una sola alma in due
Fummo; e il saprai; l’eroe gridando, vola
11 Alato3 ei piú che le minacce sue.
Giunge, combatte, e vita e palma invola
A chi pur dianzi insuperabil fue.
14 Coll’altrui pianto Achille il suo consola.


CLXVI.4

Ricordi.

E’ mi par jeri, e al terzo lustro or manca
Pur solo un anno, o Donna mia, dal giorno
In cui per queste spiagge a te dintorno5
4 Io mi venía aggirando a destra e a manca.
In pia magion, dal sofferir tu stanca,
Racchiusa t’eri, e ten piacea ’l soggiorno;


  1. 4. Il giuro di non impugnare le armi mai piú, dopo che Agamennone gli aveva rapita Briseide.
  2. 5-8. Nell’Iliade (XXII, 131, e segg.):
    Ὣς ὥρμαινε μένων· ὁ δέ οἱ σχεδὸν ἦλθεν Ἀχιλλεὺς,
    ἵσος Ἐνυαλίῳ, κορυθάϊκι πτολεμιστῇ,
    σέιων Πηλιάδα μελίην κατὰ δεξιὸν ὦμον
    δεινήν· ἀμφί δὲ χαλκὸς ἐλάμπετο εἴκελος αὐγῇ
    ᾽ῆ πυρὸς αἰθομένου ἢ ἠελίου ανιόντος.
    versi cosí tradotti dal Monti:
    Ed ecco Achille avvicinarsi, al truce
    Dell’elmo agitator Marte simile.
    Nella destra scotea la spaventosa
    Peliaca trave; come viva fiamma,
    O come disco di nascente Sole
    Balenava il suo scudo.
  3. 11. Alato; ricordo dell’aggettivo ποδωκύς (piè-veloce), inseparabile nell’Iliade dal nome di Achille.
  4. Nel decembre del 1780, entrata in relazione con l’A., la Contessa d’Albany aveva voluto liberarsi dal greve giogo del proprio marito, ed era ricorsa ad un ingegnoso espediente: una certa Signora Orlandini, d’accordo con lei, andò un giorno a prenderla col proprio cavalier servente, un Irlandese, di cognome Gehegan, per recarsi a vedere certi lavori d’ago nel monastero delle Bianchette: lo Stuart fu della brigata anche lui, ma, infermo com’era, camminava piú lentamente di tutti. La Contessa raggiunse la soglia del monastero, le fu aperto dalle suore, l’uscio si richiuse sollecitamente alle sue spalle e, quando il Conte fece per entrare, gli fu risposto che, ormai, sua moglie era in asilo sicuro e che si desse pace. La Signora passò poi da quel monastero all’altro delle Orsoline in Roma. A questi fatti si richiama l’A. nel sonetto che è surriportato, composto il 17 dicembre 1794: la qual data è però, nell’autografo, seguita da un’annotazione certamente erronea; si legge: «Fuori Porta S. Fridiano, in faccia al Conventino», mentre il Convento delle Bianchette era in via del Mandorlo (oggi via Giuseppe Giusti), da Porta San Gallo.
  5. 3. A te d’intorno, intorno al monastero che l’aveva accolta.