Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/158

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Ma un rio pensier, che par che s’accompagni
     351A spettacol sì grato, ognor con triste
     Moto mi ripetea: Guardalo e piagni.
Mentr’io scernea le tante immagin miste,
     354Di forti penne udii stridere il suono,
     E vidi Angel con vel gemmato a liste.
Che salia là, dove divide il tuono
     357Le nubi presso al puro etere stanche,
     Recando a Dio gli umani incensi in dono.
Il turibol strignea colle man bianche,
     360E sparse avea di vario-pinti lumi
     Le doppie ali al bel volto, al tergo e all’anche.
Nel vol gridò: Monti ululate, e fiumi,
     363E terre, e mari; e degli eterei campi
     Segnò la via cogli odorosi fumi,
Finche giunse a un altar folto di lampi,
     366Su cui sedea l’Agnel, che coll’atroce
     Sua morte fe’ che l’Uom l’eterna scampi.
Ascese appena, che s’udìo tal voce:
     369Empi l’aureo incensier della grand’ira,
     Che la mia sveglia in me schernita Croce;
E la mercè, che l’onor mio t’ispira,
     372Rendi a chi porge a Dio prece sì amara,
     L’Angel con guardo allor, che strage spira
Mischiò nel vaso i lampi, onde ardea l’ara;
     375Poi rovesciollo sì, ch’ignea ne scorse
     Nel suolo striscia orribilmente chiara.
L’ore presso al meriggio eran già corse,
     378Quando muggìro i sotterranei fochi
     Per la nova, che il Cielo esca lor porse.
Ben della terra in pria languidi e fiochi
     381I moti fùr; ma il zolforoso nido
     Più ardendo scosse anche i più sodi lochi.