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Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/164

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Velocità bastevol fu il dirotto
     549Sì corto spazio, in cui novo, e diverso
     Tremito ammarginò del cammin rotto
I cupi abissi, ove poc’anzi asperso
     552Di sangue e polve un Uom fra sassi e arene
     Non lungi a me precipitò sommerso.
Cessò in breve la scossa, e nelle vene
     555Tornò al sangue il color, per cui del monte
     Poggiammo all’erta con men dubbia spene.
Ivi dappresso a una turbata fonte
     558Vidi all’Ispano Pier del Tempio sacro
     Diroccati ambo i lati, e l’ampia fronte,
E dell’acque sorgenti entro al lavacro
     561I traportati, e pel terren tumulto
     Confusi avanzi insiem del simulacro.
Sovra un marmo sedemmo ancor non sculto,
     564Scelto del fonte a intonacar la sponda:
     Ma, oimè! che acerbo a noi crebbe il singulto
Dal sommo in rimirar nella profonda
     567Sua foce enfiato il Tago, e l’Oceáno
     Scorso su i lidi altissimo coll’onda.
Divorò il flutto i fuggitivi invano
     570Dagli agitati colli uomini e belve,
     Scampo cercando su più fermo piano;
E col moto, onde avvien che il mar s’inselve
     573Gonfio, in secchie portò non mai solcate
     Le armate navi entro l’opache selve.
Volgemmo il mesto sguardo all’atterrate
     576Case, e di sotto alle ruine sparse
     Nubi scorgemmo d’atro fumo ombrate
In mille giri verso il ciel levarse,
     579Che orribile ne diér prova, che tutte
     Quell’estreme dovean spoglie esser arse.