Pagina:Alfonso Varano - Opere scelte 1705-1788.djvu/194

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Volgiti verso l’Austro. Io, dove stese
     Contra me l’ali avea l’Austro, mi volsi,
     210E subito stupor l’Anima prese,
E meco del Guerrier quasi mi dolsi;
     Chè, fuor che un Tempio su’cent’archi aperto,
     213Null’altro obbietto dentro gli occhi accolsi.
Ma in quel fisando, ai fermi sguardi offerto
     Quant’esser può splendea di sacro e grande.
     216Mille pendean dal curvo tetto ed erto
Fasciate ad urne d’oro auree ghirlande,
     Ove i liquor di pingui olive accensi
     219Foco nudrìan, che smorta luce spande.
Sovra un’ara d’elettro infra gl’incensi
     Bianche ardean cere con si viva face,
     222Che l’ondeggiar vincean de’ fumi densi;
E in solio, che gemmato ivi alto giace,
     Sedea dal gran Mistero ombrata e cinta
     225L’eterna di pietade Ostia e di pace.
A piè dell’ara fra la turba accinta
     Del Nume ascoso ad implorar l’aìta
     228Con speme a lui, che gliel’infuse, avvinta
Stavasi d’umiltade il cor vestita
     Più che le membra in vel dimesso avvolte
     231Di sé pensosa, e in Dio soltanto ardita
La Regina dell’Austro. Alle raccolte
     Chiome non intrecciò l’augusta benda,
     234Nè gemme o sparse, o in fior lucenti accolte:
Ma Caritate e Fè par che le accenda
     Il bel volto di placide faville,
     237E più adorno senz’arte ancor lo renda.
Le azzurre ella chinò vaghe pupille
     A terra fise, e a Dio poi le rivolse
     240Dolcemente ne’ lor giri tranquille;