Pagina:Algarotti - Opere scelte 1.djvu/352

Da Wikisource.
334 saggio sopra la necessità

Non mihi mille placent, non sum desultor Amoris,1


spectatum satis et donatum iam rude quaeris,
Maecenas, iterum antiquo me includere ludo2,

erano immagini vivissime appresso ai Romani per dire che uno non fa il zerbino in amore, che l’altro dopo un lungo servigio domanda il riposo. Appresso di noi, che non siamo soliti assistere allo spettacolo de’ gladiatori e abbiam perduto l’arte dell’antica cavallerizza, non sono intese che per via di comento; sarebbono immagini disconvenienti, se da un moderno poeta si usassero, da fare almeno sulla nostra fantasia così poca impressione, che farieno a un Samoiedo o a un Lappone quei versi del nostro poeta:

          E quale annunziatrice degli albori
               L’aura di maggio movesi ed olezza
               Tutta impregnata dall’erba e da’ fiori.

Dalla grandezza similmente del romano imperio, di tanto superiore in potenza agli imperj del tempo presente, nascevano maniere di esprimersi elevate e grandiose, che male si confanno con le cose di oggidì. Doveano quelle maniere corrispondere a’ concetti di una gente che vedea i loro propri concittadini avere per clienti dei re, che gli vedeva far costruire dodici mila sale per banchettare il popolo, trionfare ad un tempo delle tre parti del mondo: intantochè fu detto da un bello ingegno che

  1. Ovid., Amorum Eleg. III, Lib. I.
  2. Horat., Epist. I, Lib. I.