Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/367

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paradiso - canto xi 361

     né valse udir che la trovò sicura
con Amiclate, al suon de la sua voce,
69colui ch’a tutto ’l mondo fe’ paura;
     né valse esser costante né feroce,
sí che, dove Maria rimase giuso,
72ella con Cristo pianse in su la croce.
     Ma perch’io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertá per questi amanti
75prendi oramai nel mio parlar diffuso.
     La lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
78facíeno esser cagion di pensier santi;
     tanto che ’l venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
81corse e, correndo, li parve esser tardo.
     Oh ignota ricchezza, oh ben ferace!
scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
84dietro a lo sposo, sí la sposa piace.
     Indi sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
87che giá legava l’umile capestro.
     Né li gravò viltá di cor le ciglia
per esser fi’ di Pietro Bernardone,
90né per parer dispetto a maraviglia;
     ma regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
93primo sigillo a sua religione.
     Poi che la gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
96meglio in gloria del ciel si canterebbe,
     di seconda corona redimita
fu per Onorio da l’eterno Spiro
99la santa voglia d’esto archimandrita.
     E poi che, per la sete del martiro,
ne la presenza del Soldan superba
102predicò Cristo e li altri che ’l seguiro,