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108 DE VULGARI ELOQUENTIA.


mo raccogliere com’ei leggesse il testo addotto nella stessa maniera, che or s’incontra nella Volgata. Ma pur tuttavia non si vede ben chiaro quale ivi sia il proprio concetto, che il nostro Autore ebbe in mente. Ed a bene accertarlo si attenda che Dante, volendo procedere per la più breve e sicura via, ora propone di trattare soltanto dell’Idioma della parte meridionale d’Europa, come quello che più gli fosse noto. Di che si persuadeva che il medesimo discorso poi si potesse fare in risguardo agli altri Idiomi, appunto perchè ciò, ch’è ragionevole nell’uno, per l’istessa causa debba essere ragionevole anco negli altri, e non già che abbia ad essere causa negli altri. Laonde io m’indussi a credere, che nelle parole sovrallegate siasi omesso «eàdem,» che non dubitai di collegare a «causa» per necessità della vera sentenza.

13. Quæ quidem convenientia (dei tre suddetti Linguaggj in molti vocaboli) ipsi confusioni repugnat (dacchè la babelica Confusione portava seco la disuguaglianza e disformità de’ Linguaggj) quæ (confusio) fuit delictus in ædificatione Babel. Questa deforme lezione, ancorchè propria de’ Codici, par difficile a credersi, che non siasi riconosciuta erronea a prima veduta. Bensì tanto quanto se n’accorse il Witte, che a « delictus» pensò di sostituire «delictum,» e con savio consiglio. Ma ciò non basta a togliere l’errore che pur sussiste nel costrutto, dal quale tuttavia dovrebbe dedursi, che la sì tremenda e dannosa confusione fosse stata il delitto o la colpa dell’Uomo, anzichè la pena, da lui meritata per il fallo commesso nel porre mano al gran Lavoro. Ed ecco che senz’altro bisogna premettere «propter» a «delictum.» Nè v’ha dubbio che così avesse letto il Trissino, come si ricava dal suo Volgarizzamento: Confusione, che fu per il delitto nell’edificazione di Babel. D’altra parte Dante gia s’era abbastanza chiarito dapprima, raffermando che quella confusione delle Lingue avvenne «culpa præsumptionis humanæ:» Vulg. El., i, 6. Ora, per venire al principale proposito, una siffatta Confusione, dacchè per sè stessa doveva portare una moltitudine e varietà ne’ nostri Linguaggj, indi, come l’Allighieri argomenta, per aver essi tuttora serbato una conve-