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128 DE VULGARI ELOQUENTIA.


tese agli altri due ultimi, essendone distratto dal Poema, cui s’era omai rivolto colla cura maggiore.

33. Dicimus, quod si Vulgare Sicilianum, etc. Si disamini a fondo questa sentenza, e sarà viepiù facile di persuaderci su quanto pur si è toccato in risguardo al Volgare Siciliano, di cui or ricisamente si nega la preminenza. Non però deve uscirci di mente, che l’Allighieri nel far ragione de’ Volgari italici vuol che si prenda norma dal modo, con cui si parlano da chi abita più dentro, nel cuore o in mezzo de’ Paesi, che non dagli abitatori circostanti, montanini o rustici: Vulg., El., i, 12. E per lui sono tuttuno «terrigenæ cives» e «cives mediastini o mediocres,» e così semplicemente «terrigenæ o indigenæ.» (Vedi nota alla lin. 31, pag. 37.) Onde il Vicentino, per non raffrontare Dante con Dante, qui non accertò bene il senso nell’intendere «a terrigenis mediocribus» per dai mediocri paesani, come se questi potessero indicare gli ahitanti nell’interno di una Città o d’un Paese più o men vasto che sia.

38. Traggemi d’este focora, se t’este a bolontate. Cotali parole, che meno scorrette riportansi dal Trissino nella Traduzione, e s’interpretano: Traggemi di questi fuochi, se ti è a volontà, io mi son recato a debito di recarle distinte in due versi. I quali difatti appartengono all’antico Serventese (Contrasto o Cantilena, che si voglia chiamare), onde Ciullo d’Alcamo cantava: Rosa fresca aulentissima, ec., di cui tanto si disputa a’ nostri giorni. Dante per altro or ne fa soltanto ivi notare lo strascico delle rime, se non i rozzi e dissonanti vocaboli, per escluderla da quelle Canzoni, cui s’è adattato poi il Volgare illustre (lin. 10 e 12), e per tenerci sempre più ammoniti della nativa asprezza e delle tante difettose pronunzie, da riprovarsi ne’ DiaIetti municipali.

42. Apuli quoque, vel a sui acerbitate (della lor propria asprezza negli accenti), vel finitimorum suorum contiguitate, qui Romani et Marchiani sunt (e ne contraggono perciò una maggior durezza) turpiter barbarizant. Gli è gravissimo questo detto, se non fors’anche per alcuna parte ingiusto. Ma ciò nulladimeno fa d’uopo che ben ci resti impresso nella