Pagina:Alighieri, Giuliani - Opere latine vol I - 1878.djvu/148

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COMMENTI. 129


mente, che quanti si mostravano pur tenaci e ristretti nell’uso del proprio dialetto, parvero all’Italico Poeta barbari in Italia. Ed invero alle si dissonanti favelle che perdurano nel nostro bel Paese, bisogna qua e colà star un po’ in sospeso a credere che siam una sola Nazione. Ma se dopo aver amorosamente studiata la Lingua de’ nostri primi Scrittori, percorriamo la Toscana tutta dai colli alle foci, qui davvero e in ogni più umile borgata ci sentiremo Italiani. E tanto più s’avviserà in noi un così nobile e benefico sentimento, quanto più ci affaticheremo ad appropriarci con giusta misura questo Linguaggio, preziosa ed inviolabile eredità tramandataci dai nostri Padri e costanti Maestri.

46. «Volzera che chiangesse lo quatraro» lo si spiega per Vorrei che piangesse il figliuolo, anzi il fanciullo, ove si debba prestar fede al Fontanini.

47. Quamvis terrigenæ Apuli loquantur obscene comuniter, præfulgentes eorum quidam polite loquuti sunt. E qui parimente il savio Autore ne guida a far diligente avvertenza non tanto al Linguaggio così del tutto com’era parlato dal Volgo de’ Pugliesi, quanto alla maniera che lo adoperarono i lor valentuomini più chiari e segnalati «præfulgentes eorum quidam.» Nè cessa dal lodar costoro perchè, lasciati in disparte gl’idiotissimi plebei, avevano cercato di trascegliere i vocaboli più illustri, «curialiora,» per l’uso che se n’era fatto dai Rimatori accolti alla Corte di Federico, o per la naturale dignita de’ vocaboli stessi. Ma non è da tacersi, che al presente son ricordate quasi nobilmente composte due Canzoni di quel Notajo da Lentino, il quale nella Commedia ci si addita come uno di coloro, che si ritenne di qua dal dolce Stile nuovo, raffermato in mirabile onore dal nostro Poeta: Purg., xxiv, 51. Forse che egli ne’ detti componimenti, pur lodando la qualità de’ vocaboli, non vi riconobbe l’ispirazione e la dettatura d’Amore.



Lin. 1. Veniamus ad Tuscos, qui propter amentiam suam infruniti, titulum sibi Vulgaris Illustris arrogare vi-

Dante, Opere latine. 9