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144 DE VULGARI ELOQUENTIA.


dere insieme i loro Dialetti, quando già per una privilegiata natura, qual ad esempio si mantiene nel Toscano, non riescano a così difendere e assicurar il proprio, da renderlo prevalente su gli altri. Ma questi son fatti che, non potendosi mai definire precisamente, lascian sempre campo a quistioni, dove il compenso per discuterle riesce assai scarso in rispetto della fatica e del tempo che vi si spende, anco a solo porle nel vero aspetto, onde vogliono esser disaminate prima della discussione stessa.

51. Vere Latinum. Dalle parole susseguenti si rende palese, che Dante riguardava come il più Grammaticale e perciò veramente Italico il solo Volgare Illustre. E quale sia questo e in che modo dehba intendersi, il vedremo nel Capitolo seguente.



Lin. 1. Postquam venati saltus et pascua sumus Italiæ, etc. Benchè tanto quanto si possa approvare un siffatto costrutto, sono tuttavia di fermo avviso che si debba far precedere la particella «per» a «saltus,» giacchè poco dopo s’accenna che quella cotal caccia, cui mira lo studio del Poeta, si volge alla pantera, che nell’italica Selva deve con industria rintracciarsi, vo’ dire l’Illustre Volgare. E difatti il Trissino traduce: Da poi che avemo cercato per tutt’i salti (boschi) e pascoli d’Italia, ec.

3. Investigemus de illa (panthera) ut.... redolentem ubique et nec apparentem, nostris penitus irretiamus tendiculis. Giovi premettere che la precipua sentenza qui voluta esprimere dall’Autore si è, che il Volgare Italico (la pantera sì rintracciata) dà sentore di sè in ogni Città nostra, ma non s’annida in alcuna: in qualibet redolet civitate, nec cubat in ulla: lin. 33. Di che è lecito d’arguire che nelle suallegate parole siasi insinuato qualche errore da chi mal seppe leggere ne’ Codici, dove in cambio di «nec,» occorrente nella Volgata, si trova l’abbreviatura «û» che il Witte intende per «usquam,» pur