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152 DE VULGARI ELOQUENTIA.


forme a quella propria del Re d’Allemagna o d’altra Nazione, sì veramente deve intendersi per quel letterario Senato o Consesso di valentuomini, uniti soltanto in virtù del grazioso lume della Ragione. Notabilissime parole son queste, che bastano a renderci fede come il sommo Poeta siasi formato il concetto di un’Italia intellettuale e moralmente congiunta per l’Unità' di un Linguaggio, prontissimo ad essere l’ottima misura, la signorevole guida, la forma esemplare e direttiva del Linguaggio conveniente a tutta la Nazione. Di che si vegga quanto e come errassero coloro, che s’avvisarono doversi il perfetto Volgare Illustre estendere e imporre, non che all’arte degli Scrittori, all’uso familiare delle Genti d’Italia.



Lin. 7. Sicut omnia hæc (Vulgaria) est invenire, sic et illud quod totius Italiæ est. Per questa induzione l’Allighieri si persuase di riuscire a poter determinare, che l’Italia anch’essa ha un Volgare suo proprio, e da doversi per l’appunto denominar indifferentemente Latino o Italico, che è lo stesso. E di questo gli parve si fosser giovati que’ migliori, che in Italia poetarono in Lingua Volgare. Ma ognuno s’avvede che la suaccennata induzione, ancorchè non avesse altro difetto, non può guidarci a conchiudere, se non che il Volgare d’una Provincia vien costituito dalle somiglianze riconoscibili ne’ singoli Dialetti delle città ivi comprese, siccome il Volgare semilazio risulterebbe da ciò che han di comune i Volgari della sinistra della destra parte d’Appennino. Quindi ne conseguirebbe che il Volgare d’Italia dovesse dirsi pur quello, che comprende quel tanto di Lingua, in cui convengono tutti i varj Dialetti italici. Or ciò sarebbe pochissimo in risguardo a quanto si richiede per costituire la Lingua Nazionale. Checchessia di questo, deve starci fermo nel pensiero, che Dante per Volgare Illustre intese solo la più eccellente parte o l’Eloquenza del Volgare latino, e che di silfatta Eloquenza diede materia al Trattato presente.