Pagina:Alighieri, Giuliani - Opere latine vol I - 1878.djvu/34

Da Wikisource.

AD ALESSANDRO MANZONI. 15


mallevadore che si possa desiderare: Dante medesimo.» Il quale in più luoghi appunto ci avverte, che una Lingua siffdtta sia da tenersi come la Loquela italica, l’italico Parlare, la Lingua volgare del Lazio, il nostro Volgare, la Lingua che si stende a tutti gl’Italici, ai quali s’era egli appresentato «mendicando sua vita a frusto a frusto.» Nè il Volgare scritto o grammaticale, vogliasi illustre, mediocre od umile, deve risguardarsi se non com’esso Volgare parlato, assoggettato per altro, più o meno, a quelle condizioni che la sullodata arte richiede da chi scrivendo vuol degnamente adoperarlo. Ed ecco perchè questo Volgare usabile dai Dicitori prosaici, non meno che dai Rimatori, «si mostra in ciascuna città d’Italia e non dimora in alcuna.» (Conv., i, 3, 7, 8, 9; Vulg, El, i, 16.)

Senza questa effettiva ed inevitabile distinzione e vitale contemperamento del Volgare italico parlato o letterario, conforme cioè all’uso del Volgo o regolato dall’arte dei Dicitori e segnatamente dei Poeti, non vedo via nè verso di accordare Dante con sè stesso e col vero. E non saprei poi donde si possa trovare il giusto criterio a ben discernere e usufruttare le native proprieta d’una Lingua che, derivata dal Volgo, presso cui persevera tenace con tutte le sue sgrammaticature, si è ripulita per la prodigiosa virtù degl’ingegni e dell’arte, che bastò in liberi tempi a signoreggiare le menti italiche, e dare origine e consistente vitalità alla nostra Letteratura. Rimarrebbe puranco a vedere se e come e quanto di questo Volgare d’Italia, quale fu illustrato e acconciato a stabilità dai Poeti e dallo stesso Dante nelle sue Canzoni, ma per forma non disdicevole ai Prosatori, ei se ne sia giovato nel comporre la Commedia, siccome le Prose della Vita Nuova e del Convito, e se ad ogni modo il Volgare, conservato in cotali Opere, si raffronti sostanzialmente con la Lingua che tuttavia prosegue a chiamar mamma e babbo. Checchè sia di ciò, gli è un fatto di pronta esperienza, che la Lingua trionfante nel divino Poema vive presso questo popolo, da cui massimamente l’Allighieri la trasse, e ne prese norma a darle stabile grandezza. Ma io non presumo di qui entrare nelle quistioni della Lingua, le quali, ricominciate a’ dì nostri con sì gran sapienza