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spada. Allora provò come il senso d’un sogno prodigioso. La folla applaudì a quel caso; il Duca, dato uno sguardo all’elsa, alzò il viso verso il terrazzo; il cavallo fece in quel punto un raddoppio; ed Evelina vide le sfolgoranti pupille azzurre di Emanuele Filiberto fisse per un momento nelle sue. Non fu che un momento, ma non ci resse: il corteo, la folla e le case le si confusero agli occhi, le ginocchia le mancarono, e cadde fra le braccia di sua madre.



Subito, in furia, fu portata dentro, adagiata sopra una seggiola, spruzzata d’acqua; rinvenne immediatamente; si scosse, si vergognò, domandò perdono, sorrise, — fece cenno che tornassero tutti sul terrazzo e alle finestre; — tutti sparirono; — rimase sola. Allora seguì un rivolgimento nuovo, e pur naturale, nell’animo suo. Svanito l’ultimo resto della gioia che l’aveva soverchiata, fu presa quasi tutto a un tratto da un grande sgomento, come se quella commozione sublime fosse stata la fine d’un sogno, il giorno più felice, e l’ultimo giorno felice della sua vita; come se, appagato quel desiderio supremo che era stato il conforto e l’alimento di tutta la sua giovinezza, non le rimanesse più scopo di vivere; le parve d’essere precipitata da una grande altezza e di ritrovarsi in una grande solitudine; vide come al chiarore d’un lampo il suo avvenire vuoto e malinconico, una successione interminabile di giornate grigie e