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onorato sempre i valorosi; e che per amor del mio figliuolo avrebbe rivolto un pensiero pietoso anche a me, alla sua povera compagna di sventura, alla sua fida amica degli ultimi anni, che pure gli aveva dato qualche dolcezza e qualche conforto sopra la terra.... E così vissi molti anni, lenti, tranquilli, uniformi, allietati dalla speranza d’una fine egualmente tranquilla. Povera speranza! Un nuovo dolore, il più tremendo di quanti n’avessi sofferti in ottantasette anni, mi stava sospeso sul capo!

— Nel gennaio del 1766, — continuò la superiora, — fece testamento. Provvide ai suoi figliuoli, legò duemila lire alla sorella Radegonda e alla nipote Teresa Innocente, e lasciò parecchi ricordi al monastero. Aggiunse poi al testamento un codicillo, pochi mesi prima di morire, il quale fu ricevuto da un regio notaio di Pinerolo, Pier Francesco Raimondi, rammentato nelle carte del monastero; in presenza di due medici e di due religiosi, frà Maria Lugo minore conventuale e frà Giusto da Susa Guardiano Cappuccino....

— A poco a poco, — ripigliò la marchesa, con voce tremola, — m’accorsi che s’andava facendo un cangiamento nel mio figliuolo. Le sue lettere diventavano tristi. Lasciò il suo reggimento delle guardie, che amava tanto, e andò colonnello d’un reggimento provinciale; si mise come in un canto, spontaneamente, senza dire il perchè. Qualche voce confusa mi arrivò all’orecchio, però: nimicizie di Corte, una guerra sorda, perchè era il figlio della marchesa di Spigno. Quella notizia mi passò l’anima! Io do-