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Pagina:Aminta.djvu/57

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Scena Terza. 57

Che à crescer vieni la miseria mia;

Tirsi
S’à mio senno farai, sarai felice.
Aminta
E che consigli? Tirsi Che tu prenda quello,

Che la fortuna amica t’appresenta.

Aminta
Tolga Dio, che mai faccia

Cosa, che le dispiaccia:
Cosa io non feci mai, che le spiacesse,
Fuor che l’amarla: e questo à me fu forza,
Forza di sua bellezza, e non mia colpa.
Non sarà dunque ver, ch’in quanto io posso
Non cerchi compiacerla? Tirsi Hormai rispondi:
Se fosse in tuo poter di non amarla,
Lascieresti d’amarla, per piacerle?

Aminta
Nè questo mi consente Amor, ch’io dica,

Ne ch’imagini pur d’haver già mai
A lasciar il suo amor, bench’io potessi.

Tirsi
Dunque tu l’ameresti al suo dispetto,

Quando potessi far di non amarla.

Aminta
Al suo dispetto nò, ma l’amerei.
Tirsi
Dunque fuor di sua voglia. Aminta Sì per certo.
Tirsi
Perche dunque non osi oltra sua voglia

Prenderne quel, che, se ben grava in prima,
Al fin, al fin gli sarà caro, e dolce,
Che l’habbia preso? Aminta Ahi, Tirsi, Amor risponda
Per me, che, quanto à mez’il cor mi parla,
Non sò ridir. tu troppo scaltro sei
Già per lungo uso à ragionar d’Amore.
A me lega la lingua
Quel, che mi lega il core.

Tirsi
Dunque andar non vogliamo? Aminta Andare io voglio,

C     5 Ma