Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/365

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entrate le sue genti in quella città, la misero a sacco, e poi la bruciarono. Erasi ritirato Albino in una casa sulle rive del Rodano. Allorchè prese la risoluzion di fuggire, non fu più tempo, perchè erano occupati i passi; però diede fine alla sua tragedia con uccidersi di propria mano1632. Altri il dissero ucciso da’ soldati, o pure da un servo, e condotto mezzo morto davanti a Severo, il quale ne mandò il capo a Roma, con lettere al senato, dolendosi forte in esse, perchè tanti de’ senatori avessero portato amore a costui, e desiderato di vederlo vincitore: il che atterrì non poco quell’augusto corpo. Sfogò poscia Severo la rabbia sua contro il cadavero dell’estinto Albino1633; perdonò bensì a tutta prima alla moglie e a due figliuoli di lui; ma da lì a poco li fece svenare e gittare nel Rodano. Aveva egli avuta l’attenzione di far occupar tutta la segreteria d’Albino, per conoscere i di lui corrispondenti. Quanti ne trovò fece di poi morire. Tutta la famiglia d’Albino, e i suoi nobili amici della Gallia e della Spagna, perderono la vita, sì uomini che donne. Altrettanto avvenne appresso in Italia, perchè non si perdonò a persona scoperta parziale dell’estinto Albino. Era implacabil Severo contro a tutti; e perchè uno de’ nobili infelici, che suo malgrado si trovò involto nel partito contrario, gli dimandò1634, cosa desidererebbe egli, se la fortuna gli fosse stata contraria, e si trovasse ora ne’ panni di lui: crudelmente gli rispose: Soffrirei con pazienza quello che tu hai ora da sofferire1635, e il fece ammazzare. Tutti i beni di coloro che Severo condannò a morte, furono confiscati ed applicati all’erario privato d’esso imperadore, a cui riuscì facile di premiare ed arricchire tutti i suoi soldati e i lor figliuoli, perchè si trattò d’incredibil confisco. Non tornò poi così tosto la quiete nella Gallia, essendovi restati dei partigiani d’Albino, che fecero testa, finchè poterono, con prevaler infine la maggior forza di Severo, il quale in questi tempi divise in due provincie la Bretagna, non la volendo più sotto il governo d’un solo. Poscia mossosi dalla Gallia a gran giornate, siccome suo costume era, sen venne a Roma, menando seco tutta l’armata per maggiormente atterrire i Romani, che tutti già tremavano, conoscendo che mal uomo fosse questo, e specialmente per le terribili lettere mandate innanzi. Entrò nella gran città, accolto con incessanti Viva dal popolo tutto laureato e in gala, e dal senato in corpo: acclamazioni nondimeno uscite dalla bocca, ma non dal cuore. Furono lieti questi primi giorni, perchè egli diede un suntuoso regalo al popolo1636, ed allargò la sua liberalità sopra i soldati, donando loro più di quello che mai avesse fatto alcuno de’ suoi predecessori, con accrescere loro la porzione del grano, e conceder anche ad essi di poter portare anelli d’oro, e il tener mogli o pur donne in casa: cose non permesse dianzi dalla militar disciplina, e che servirono poi al loro lusso, e a snervar il vigore della milizia romana. Ma Severo, purchè si facesse amar dai soldati, null’altro curava, esigendo solamente d’esser temuto dagli altri. Andò poscia al senato, e confessa Dione1637 che un gran ribrezzo corse per l’ossa sue e di tutt’i suoi colleghi, allorchè lo udirono entrar nelle lodi di Commodo Augusto, di cui avea già cominciato ad intitolarsi fratello1638, inveendo contro al senato perchè avea caricato esso Commodo d’ignominia, e dicendo che la maggior parte d’essi senatori menavano una vita più scandalosa di lui, e al pari di lui facevano da gladiatori. Passò ad esaltare Silla, Mario e i primi anni del governo d’Augusto, ne’ quali di gran