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92 Azioni di Generali

il Piccolomini cominciò l’attacco. Ruppe la sinistra degli Svezzesi1; guadagnò alcuni pezzi di Cannoni, molti stendardi, e bandiere. Tutto all’opposto nella sinistra Cesarea. Parecchi reggimenti a Cavallo, mal composti, e non per anco totalmente messi in ordine, avendo incontrate salve gagliarde, chi scrive dell’artiglieria Svezzese, e chi de’ pedoni frammischiati fra loro squadroni, si abbandonarono a vituperosa fuga, senza ne meno sparare. Accorse l’Arciduca, per fermarli, e rimettergli alla pugna. La presenza di Principe sì grande doveva rimettere ne’ loro petti il coraggio. Anche il Piccolomini, ed il Gonzaga, avvisati del disordine, volarono animosi a quel fianco. Procurarono coll’esortazioni, co’ rimproveri, e colle minaccie d’arrestar li fuggiaschi. Il Piccolomini, dato di piglio prima alle pistole, poi alla spada, le avvento contro i Capi di que’ fuggitivi, per fargli ritornare a’ loro posti. Nulla giovò: poichè il terrore, e la confusione gli avevano talmente acciecati, che ad altro non pensavano, che a correre altrove. Era rimasto fermo colà il Colonnello Niccolao Lorenese con due, o tre squadroni a cavallo, e quantunque assalito più volte dal nemico, l’aveva sempre ributtato. Il Piccolomini spinse a sostenerlo altri squadroni della riserva. Ma questi senza aspettare d’essere urtati, presero anch’essi la fuga. Impotente il Niccolao, a contrastare ulteriormente, fu ucciso. Allora i Soldati, vedendo estinto il Capo, cercarono la salvezza col voltar la schena. In tal modo rimase scoperto il corno sinistro della Fanteria Cattolica, che sin allora aveva date prove mirabili di valore:

e più volte aveva ributato l’uro della nemica, ora collo spingere costantemente le picche, ora coll’avventare un nembo di fuoco da’ fucili. Il Piccolomini distaccò la Compagnia di guardia dell’Arciduca, e la sua propria sotto il Cavalier Templi, che fecero pruove eccelse di bravura, e caricarono sino a dodici volte. Ma avanzando altri Squadroni Svezzesi precipitarono colla fuga tutta la Cavalleria Imperiale. Solo le due Compagnie sopradette con cinque battaglioni di fanti furono mantenuti saldi con somma intrepidezza da D. Camillo Gonzaga; finchè sperò d’esser soccorso dall’Arciduca, che andava rimettendo le genti sbandate. Altra Fanteria si ricoverò in un bosco; d’onde cacciata a forza di Cannonate sulla pianura, fu poi disfatta da’ nemici. Lo spavento che aveva invaso i Cesarei, era tale, che quasi fosse fatalità, nè per rispetto del Principe, nè per vergogna i fuggitivi non risolsero mai a voltar testa. Allora il Piccolomini, e gli altri Capi supplicarono a caldissime voci l’Arciduca, perchè si ritirasse verso Dresda. Essi si esibirono a coprire la di lui andata col rimanere gli ultimi. Il Piccolomini, postosi alla testa de’ rimastigli fedeli, ora retrocedendo con ordine ristretto, ora tornando a qualche carica, dava tempo a molti di ricoverarsi in salvo. In ultimo, rimasto con sette soli, si trovò pressato da grossa truppa nemica, che l’invitava ad arrendersi. Stava a’ di lui fianchi il Con-

  1. Co. Gualdo Istoria suddetta terza parte pag. 146, 147.