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e di Soldati Italiani. 9

protezione specialissima di quell’infinito Padrone, che dà, conserva, e toglie i Principati, come a lui piace. Tanto avvenne nel caso presente. Il Re Ferdinando, propenso alla clemenza, e nemico di spargere il sangue de’ sudditi, offerì a’ sollevati clemente perdono, confermazione de’ privilegj, e per fino diè luogo a proposte ingannevoli d’accomodamento, che i Capi de’ Sollevati mettevano in avanti. Concesse al Conte Enrico Mattias della Torre, Capo primario de’ Rivoltosi e suo inesorabile Capitalissimo Nemico, il venire a Vienna sotto pretesti d’intavolar trattati, e di maneggiare accordi; ma in verità per addormentare i ministri Austriaci, guadagnar tempo di ammassare denaro, da raccogliere soldatesche, congregar in copia munizioni da bocca, e da guerra, sedurre i vicini, ingrossare lo stuolo de’ ribelli, per sostenersi. In tanto egli e gli altri suoi Colleghi guadagnarono al proprio partito la Silesia, la Moravia, l’Austria superiore. Chiamarono, ed ebbero in loro ajuto Bethlem Gabor Principe di Transilvania con grosse schiere d’Ungheri. Spedirono Ambasciatori al Collegio Elettorale radunato in Francfort per l’elezione d’un nuovo Augusto, dopo la morte dell’Imperator Mattias, succeduta in quel tempo. Colà tentarono d’impedire la Corona Cesarea a Ferdinando, benchè senza effetto, poichè questi, superate tutte le opposizioni, a’ 28 d’Agosto del 1619 fu creato Imperatore.

Caduti infruttuosi questi attentati, si rivolsero i Boemi a Federico Elettore Palatino. Con larghissime esibizioni l’indussero a farsi loro Capo, e ad accettare lo scettro, e la padronanza di tanti Stati. Nella Metropolitana di Praga dell’anno medesimo gli posero in capo il Diadema Reale.

La possanza de’ sollevati erasi aumentata a dismisura per l’unione di tante Provincie ribellate, per la confederazione, e grosso esercito di Bethlem Gabor, venuto sulle frontiere dell’Ungheria, e per la potente armata del Co. della Torre; che disceso nell’Austria, e provveduto di barche da’ suoi parziali, aveva valicato il Danubio, ed era entrato ne’ Borghi di Vienna; sicchè Ferdinando, sprovveduto di convenevole presidio colla Capitale, involta in confusioni, e spaventi, si trovò in somme angustie, ridotto quasi tragli estremi pericoli. L’arditezza di alcuni sollevati si spinse tant’oltre, che afferrato Cesare insolentemente pel giubbone, lo premevano a concedere Privilegj impertinentissimi, e libertà di coscienza.

Quando opportunissimo al soccorso di Ferdinando fu l’ingresso in Vienna d’un Reggimento di Cavalli Italiani, spedito con sollecitudine dal Gran Duca di Toscana di lui affine. Allo squillo delle trombe Toscane amiche di Cesare, al folgorare delle spade strette in pugno delle soldatesche confederate, al calpestio, e al marciar bellicoso de’ squadroni ben armati, e in positura di terrore, si ammutolirono quegl’insolenti, e qua, e là si dispersero. Le private conventicole, di quanti in Vien-