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e di Soldati Italiani. 201

assicurare il viaggio di quella Maestà dalle insidie del Techeli, mossosi per contrastargli il passo. Liberata Vienna, ed espugnata Strigonia, il Duca di Lorena lo propose a Cesare per uno de Generali, da destinarsi in Ungheria contra il Techeli. Spedito colà, si tenne in campagna tutta la vernata. Avvisato, che il Techeli con rinforzo di Turchi, e di Tartari minacciava d’invadere il Comitato di Scepusio, chiese altri reggimenti; avuti i quali marciò con diligenza, e sotto Unguar tagliò a pezzi la maggior parte d’una grossa partita nemica, ivi accampata. Nell’anno seguente si ritrovò alla battaglia d’Anschebega sotto il Duca di Lorena, ove gl’Infedeli furono disfatti. Nell’Inverno prossimo fu destinato ad impedire i soccorsi, che da Turchi si preparavano, ad introdursi in Nayasel. Dispose le truppe Cesaree in siti così acconcj, che due ne furono disfatti; l’uno dal Conte Terzi suo Maggiore, l’altro dal Marchese Doria suo T. C. colla prigionia de’ Capi condottieri. Intervenne di poi alla battaglia, che sotto Strigonia fu vinta dal Serenissimo di Lorena. Dopo la quale fu promosso alla dignità di Tenente Maresciallo, e comandato a custodire l’Ungheria Superiore. Giunto sul Tibisco, allargò gli alloggiamenti; gettò varj ponti sul fiume per la comunicazione de’ quartieri. S’avvicinò alla Transilvania, ed intimò al Principe Abaffi di dar ricovero, e sostentamente ad alcuni reggimenti Cesarei. L’Abaffi offerì di somministrare viveri, e denaro per il mantenimento di dieci mila Soldati, ma ricusò l’alloggio. Il Caraffa non ne fu contento. Avanzò alcuni reggimenti, e costrinse quel Principe a riceverli, e a provvederli del convenevole. Nell’inverno dispose gli apparecchi per l’oppugnazione del forte di S. Giob, munito di quattro bastioni, e circondato dalla natura con ampio marasso; attraverso del quale non vi è accesso che per due strade ben fortificate1. Vi si accampò sotto a’ dieci di Febbrajo. Appena cominciato il getto delle bombe, una d’esse portò il fuoco nella munizione, racchiusa in un maschio, o Cavaliere, e lo sbalzò in aria con l’uccisione di molti Turchi. Allora il Caraffa mosse le truppe all’assalto. Lo prevennero i Turchi coll’esporre bandiera bianca, e col rendersi a giusti patti. Era precorsa voce, come il Techeli fosse stato liberato dalla carcere, restituito agli antichi onori, e rimandato con nuove truppe per dr soccorso a Montgatz, in cui stava chiusa la di lui Consorte. Il Caraffa, subodorato, che questi con nove mila soldati fosse arrivato al Gran Varadino, radunò con diligente vigilanza altrettanti Cesarei, co’ quali obbligò colui a fermarsi, ov’era giunto.

Per la nuova Campagna eransi raccolti grandissimi apparecchi, e passata al soldo di Cesare quantità grande di milizie da varie parti dell’Alemagna. S’attendeva dall’Italia, dalla Germania, dalla Spagna un numero copiosissimo di Volontarj. Perciò il Serenissimo di

  1. P. Filamondo suddetto pag. 57,58, 59, 60.