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38 Azioni di Generali

ben intesa, Gustavo appena vinse; ma il frutto, che ne ricavò, fu copiosissimo. Otto mila morti degli Austriaci. Parecchie centinaja d’altri trucidati nel fuggire da’ Paesani Luterani. E quello, che più rileva, gran parte dell’Alemagna rimasta in preda, e sottomessa a’ suoi comandi, d’onde ricavò contribuzioni ampissime per il sostentamento, ed accrescimento delle propie milizie. La Franconia, la Svevia, l’alto Reno rese a lui tributarie; nel mentre che la Boemia cedeva al Sassone suo Confederato. Il Tilli, raccolte le truppe sbandate, le congiunse a quelle dell’Aldringen, ed altri Capi Cesarei. Si provò, se poteva almeno difendere la Baviera. Ma Gustavo, giunto sù quella frontiera, sforzò il passaggio del fiume Lec con ferita grave d’esso Tilli, morto poco dopo. Inondò la Baviera. S’impossessò di Monaco Capitale, e disseminò lo spavento non solo in tutta l’Alemagna, ma per fino in Italia. La Corte di Vienna, costernata da tante perdite, consultò, chi dovesse dichiarare nuovo Generale. Due furono i proposti. Il Re d’Ungheria, e il Duca di Valstain. I più prudenti opponevano a questi l’avversione grande, che professava contra degli Spagnuoli; quando questi erano il maggior appoggio dell’Imperatore, massime coll’abbondanza generosa del denaro a pro comune della Casa d’Austria. Opponevano l’avversione medesima contra il Duca di Baviera, creduto il promotore più efficace della passata di lui deposizione dalla dignità di supremo Generale; E pure questi era il braccio diritto, il più fermo, e il più affezionato alla Casa medesima. Dispiacevano le di lui pretese esorbitanti poco convenevoli ad un suddito. Voleva sopra tutto avere il Generalato in forma assolutissima con autorità indipendente in molte parti. Questi difetti, aggiunti alla condotta dell’armi, tenuta di poi dal Duca Alberto, e riuscita molto inferiore, a quanto eransi figurati i di lui partigiani, ed avevano fatto sperare, come impedirono il miglioramento degli affari di Cesare; così furono di poi la cagione potissima, per la quale l’Imperatore fu necessitato dopo due anni, a levare di nuovo dalle mani del medesimo il comando, e surrogarvi con molta felicità il Re d’Ungheria. Non ostante queste opposizioni Ferdinando, udendo la massima parte de’ suoi Consiglieri, inclinati a rimettere il comando nel Valstain con quelle condizioni, che chiedeva, v’acconsentì. In pochi mesi il ristabilito Generale congregò un copioso esercito. Coll’oro di Spagna, col proprio denaro, guadagnato in abbondanza nelle guerre passate, e con quello di molti Uffiziali, i quali s’erano largamente impinguati nelle occasioni medesime, numerò sotto l’insegne più di trenta mila soldati sotto capi valorosi, con copioso apparato di munizioni da bocca, e da guerra. Apprezzava molto i Capitani Italiani. A loro confidava i disegni più importanti, e di loro si prevaleva nelle imprese di più premura. Soleva dire, che la Monarchia di Spagna erasi ingrandita tanto, e sì a lungo erasi sostenuta per la politica, praticata in tenersi amorevoli gl’Italiani, e servir-