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e di Soldati Italiani. 41
a questi collocò alcune minute artiglierie1. Lo stesso praticò nella sinistra, dov’era la Cavalleria Alemanna. Nel Centro schierò la Fanteria, oltre la sua, di varie nazioni Inglesi, Alemanni, Francesi, Scozzesi con alla fronte quindi pezzi di grossa artiglieria. Egli poi rimase al comando della diritta, e appoggiò il governo della sinistra al Duca Bernardo di Vaimar, discendente da quel Gio. Federico, che cento anni prima era stato spogliato della dignità d’Elettore da Carlo Quinto.

Formato in perfetta ordinanza l’Esercito, trascorse il Re Gustavo per i Battaglioni, e Squadroni suoi. Con volto allegro animò tutti al Cimento. Rappresentò loro la debolezza de’ Cesarei, le speranze del bottino, l’acquisto della gloria, e il compimento della grandezza, se riportavano un’insigne vittoria. A tali voci fu corrisposto con acclamazioni di applauso, e di giubilo insigne dalle di lui Soldatesche. La mattina de’ sedici Novembre, dopo caduta foltissima nebbia con variazione di tempo, ora sereno, ora nubiloso, cominciò la battaglia. Il passo più arduo per gli Svezzesi versava nel superare i ripari deboli, e tumultuarj, alzati d’avanti le fosse, dentro le quali stavano appiattatti i Moschettieri Cesarei. Il Duca di Vaimar s’avanzò con più Reggimenti per sormontarli, ma travagliato terribilmente dalle palle de’ Cannoni, e de’ Fucili Austriaci, pativa grande strage de’ suoi.

Le cariche furiose durarono per più di due ore, senza che niuna delle parti prevalesse. Il Vaimar fece avanzare, e sparare parecchi pezzi carichi di sacchetti. Rinovò con gente fresca gli assalimenti, e giunse ad occupare co’ suoi alquanti Cannoni nemici, che rivolse contra di loro. I pezzi furono più volte perduti, e ricuperati. L’una, e l’altra Fanteria operò prodezze di valore. Gustavo, vedendo tanta resistenza, volle di persona adoperarvi i maggiori sforzi. Posto piede a terra, con una pica alla mano, esclamò a’ suoi, come tardassero tanto a vincere, dopo aver superati altre volte con facilità i nemici. Dov’è svanita la virtù delle mie milizie, dove la ferocia connaturale agli Svezzesi? Dove l’ardire vittorioso de’ miei Soldati, i quali superati ostacoli di fiumi, altezza di muraglie, e tante altre difficoltà, ora non osano di avanzare un passo? Queste voci misero in furore le guardie Regie, che, sprezzando ogni pericolo, superarono di nuovo qualunque ostacolo, ed entrarono nel Campo del Valstain. Allora il Re fu chiamato altrove da bisogno più pressante sulla sua diritta. Contra di questa combatteva D. Ottavio Piccolomini alla testa di più Reggimenti, tra’ quali il suo, quello del Gonzaga, l’altro dello Strozzi, e il quarto del Co-

  1. Vedesi il dissegno della battaglia impressa.