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LIV — 541 — LOC


dea, cavarsi una cosa di capo. || livarisi d’incoddu, liberarsi: levarsi da dosso. || – di privulinu, offendersi, aontarsi, adirarsi: levarsi in ira. || – di vinu, ubbriacarsi. || Onde livatu di vinu, ubbriacato. || – di scaccu, levarsi di pericolo. || – la varva, radersi: levarsi la barba. || nè leva, nè metti, si dice di cosa che non opera nulla, che non ha importanza: nè fa, nè ficca. || Prov. curcati prestu e levati matinu, si vo gabbari lu to vicinu, facendo una vita attiva si guadagna, e si guardano i proprî interessi. || lu livari e nun mettiri nun è funtana chi surgi, ogni cosa viene a finire sciupandola: leva e non metti, ogni gran monte scema, o cavare e non mettere seccherebbe il mare. || livannu, si dice invece di eccetto che: salvo o salvo che. || leva davanti, leva d’arreri ecc., guardati d’avanti ecc. P. pass. livatu: levato.

Lìvaru. V. libberu. || Detto di capelli sciolti, abbandonati a sè.

Livata. s. f. Il levare o levarsi: levata. || Il cavare: cavata, p. e. cavata di sangue ecc. || L’uscir di letto: levata. || Boria, pomposa estimazione di sè: albagìa. || Fine, termine. Onde a la livata, posto avv. alla fine. (Jacopone usò anco: alla levata). || livata di vinu, ebbrezza. || fari la ben livata, rallegrarsi con chi si è già risanato: dare il ben guarito. || stari a livata o di livata, essere sul partire. || Moto di collera: levatura. || Prov. guardati di la livata di lu bonu, l’ira dell’uomo savio o mansueto è più terribile di quella del collerico.

Livatazza. pegg. di livata, specialmente al 4º §.

Livatedda. dim. di livata. || Alterazioncella. || Lieve albagìa.

Livatina. V. livata. || Per levitu. V.

Livatizza. s. f. Il levare: levatura. || – di testa: bizzarrìa, ghiribizzo, scappata.

Livatizzu. add. Da potersi levare: levatojo. || Detto di abiti, calzamenti ecc. non più buoni, ma usabili tuttavia: usato.

Livatura. s. f. essiri di pocu livatura, facile ad essere eccitato: essere di poca levatura.

Livaturi. s. m. Che leva: levatore. || Di cavallo che alzi i piedi dinanzi verso la cinghia.

Liveddu. s. m. Strumento per traguardare se una cosa è in piano: livello. || Quello con cui i muratori aggiustano il piano o il piombo dei loro lavori: archipènzolo. || a liveddu, posto avv., allo stesso piano, allo stesso grado: a livello.

Lividdari. V. allividdari.

Lividdaturi. verb. m. Chi o che livella: livellatore.

Lividdazzioni. s. f. Il livellare: livellazione.

Lividdiarisi. dim. di livarisi: levacchiarsi.

Lividettu. dim. di lividu: lividetto (D. B.).

Lividizza. s. f. Nerezza che fa il sangue venuto alla pelle, per contusione: lividezza.

Lìvidu. add. Che ha lividezza: lìvido.

Lividuliddu. add. dim. Alquanto livido: lividastro.

Lividumi. s. m. Macchia di color livido: lividume.

Lividuri. s. m. Lividezza, qualità e stato di ciò che è livido: lividore.

Lìvira. V. libbra.

Livireri. V. livreri.

Livirìa. V. livrìa.

Livra. V. libbra.

Livreri. s. m. Cane da lepri: levriere. fem. livrera: levriera.

Livrìa. s. f. Abito da servitore: livrea.

Livriazza. pegg. di livria: livreaccia (a Firenze).

Livriedda. dim. di livreri: livreina.

Livrireddu. dim. di livreri: levrierino.

Livuri. s. m. Passione d’invidia: livore.

Lizzaruni. s. m. Stecca di legno, che in due formano le testate parallele, superiore ed inferiore, di ciascun liccio del telajo: licciuola (Car. Voc. Met.).

Lizziu. s. m. Contrasto (Rocca).

Lizziunedda. V. lezziunedda.

Lizzu. s. m. Filo torto a uso di spago, del quale si servono i tessitori per alzare ed abbassare le fila dell’ordito nel tessere le tele: liccio. || Per imbroglio, intrigo.

’Llorgiu. V. allorgiu.

’Lluminata. V. luminaria. || fari la ’lluminata, far festa con illuminazione: far gazzarra.

Llura. V. allura.

Lo. s. m. T. mar. Strumento per misurare la velocità di una nave: loche, barchetta (Car. Voc. Met.).

Loca. V. lochi in locu.

Locali. s. m. Luogo, fabbrica spaziosa: locale.

Locali. add. Di luogo, proprio al luogo: locale.

Località. s. f. Luogo: località (Ugolini).

Localmenti. avv. Per luogo, in luogo: localmente.

Locanna. V. lucanna.

Locari. v. a. Pigliare o dar una casa a fitto: appigionare, locare. || V. in siloca il prov. P. pass. locatu: appigionato.

Locatariu. s. m. Colui che prende a pigione: locatario.

Locaturi. verb. m. Chi appigiona ad altrui: locatore, pigionale. || Chi piglia a pigione: pigionale, locatario.

Locazzioni. s. f. Il locare: locazione.

Loccu. s. m. Uomo sciocco, ignorante: baggèo, allocco, locco, loccajone. || lu loccu e lu ’ntontaru, quando due inetti si adoperano ad una cosa, o si uniscono: il tanghero aiuta il melenso. || lu loccu di lu sirragghiu, chi veramente è buaccio, o tal s’infinge. || loccu loccu, scioccamente, a mo’ di sciocco. E anche fingendo semplicità e balordaggine: balordon balordone. || loccu, sorta di medicina, lambitivo: loc, locco. || – biancu, sorta di emulsione: emulsione arabica oleosa.

Locu. s. m. Spazio occupato o che può essere occupato, termine contenente corpi: luogo, loco, (pl. lochi, lòcura e lòchira: luòghi, luògora e lòghera. Villani). || Parte o luogo particolare: luogo. || Agio, comodo, congiuntura: luogo. || locu cumuni o lochi, cesso: luogo comune. || Fondo, possessione: luogo, podere. || dari locu, dar il passo, far largo: fare o dar luogo. || tuccaricci lu locu, dover precedere altrui: avere o tener il luogo. || cediri lu locu, dar ad altrui la precedenza: cedere il luogo. || nun truvari locu, non aver posa: non trovar luogo. || aviri locu, servire a qualcosa,