Veggono a volo un marzïale augello 1385Che nell’isola ha nido, il qual dell’ale
Data una scossa, insù ’l naviglio acuta
Una penna scagliò, che al divo Oilèo
Si conficcò nell’omero sinistro.
Il ferito scappar fuor dalle mani 1390Lasciossi il remo, e di stupor fûr tutti
Còlti al mirar di quel pennace strale.1
Glielo svelse Eribòte, che seduto
Gli stava al fianco, e del suo brando sciolta
La pendente tracolla, a lui con quella 1395Ne fasciò la ferita. Un altro intanto
Di que’ volanti apparve, e Clizio, il prode
D’Eúrito figlio, che già teso in mano
L’arco tenea, scoccò veloce un dardo
Alla sua mira, e il colse, e roteando 1400Quel cadde giù presso alla nave in mare.
Allor disse a’ compagni Afidamante:
Certo di Marte è l’isola vicina;
L’avvisate voi stessi alla veduta
Di questi augelli; ed io sperar non oso 1405Che a salvarne da lor, quivi approdando,
Ne bastino le freccie. Altro si prenda
Util consiglio, se afferrar volete
A quella terra, e le avvertenze saggie
Di Finéo rimembrate. Ercole anch’esso 1410Pur non potè, quando in Arcadia venne
(E il vidi io stesso), con le sue saette
↑Var. al v. 1391. Còlti al mirar di quello strale alato.