Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/161

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libro iii. 135

     Con dorati alïossi ambo giocando;
     160E già l’un d’essi, il furfantello Amore,
     Balzato in piè si tenea stretta al seno
     Della sinistra man piena la palma
     Degli astrágali vinti e per la gioja
     Fiorite avea di un bel rossor le gote.
     165L’altro lì presso coccolon sedendo,
     Stava muto e dolente con due soli
     Astràgali; chè avea l’un dopo l’altro
     Male i primi gittati; e arrovellato
     Contro quel che ghignava, anco perdette
     170Que’ due di resto, e con le mani vuote
     Sì confuso partì, che non s’accorse
     Del venir di Ciprigna. Ella dinanzi
     Stette al figlio, e una gota a lui pigliando
     Con la mano, gli disse: E di che ridi,
     175Mala peste che sei? Forse truffato
     L’hai tu nel giuoco, e lui maldestro e soro
     Sopraffatto hai? Ma or via m’ascolta, e pronto
     Fammi quel che ti dico, ed io vo’ darti
     Un balocco bellissimo di Giove,
     180Quel che Adrastéa, la sua cara nudrice,
     Gli fe’ quando tuttor nell’antro Ideo
     Bamboleggiava: un ben rotondo globo,
     Di cui tu non potresti aver più bello
     Dalla man di Vulcano altro lavoro.
     185D’oro i cerchi son fatti, e a ciascun d’essi
     Doppii girano intorno altri bei cerchi;
     Nè commessura appar, poichè su tutte