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134 G. Ricci

i laici ex aliis ordinibus1. Più tardi, molteplici indicazioni di artieri abbiamo nel regesto Sublacense, il quale anzi ci dà per l’anno 974 la notizia d’una schola calzulariorum2. Ed osserva il Gregorovius3 che, sebbene nell’viii secolo in Roma non s’incontrino altre corporazioni all’infuori di quelle dei militi, dei peregrini, dei notai e dei cantori pontifici, pure è fuor di dubbio, che altre ve ne fossero. Certo esse non ebbero allora grande importanza: quando CarloMagno nel 774 venne a Roma, e papa Adriano gli mandò incontro «universas scolas militiae una cum patronis», non si fa punto menzione di Arti4.

Se insino al secolo x non si viene àncora ben delineando una tendenza unificatrice, col secolo seguente la istituzione prende forma stabile ed incomincia a diventare elemento potente pel riacquisto della autonomia. Questo è il glorioso periodo dei comuni, in cui si tende a scuotere dalle fondamenta il regime feudale. Per giungere a ciò si richiedeva un popolo organizzato, che nella comunanza degli interessi e degli intenti sentisse in sè una vita nuova da sostituire a quella che combatteva, ed ecco le corporazioni ed il comune accingersi a questi nuovi acquisti. Furono due istituzioni che assunsero importanza politica insieme ed economica, presentandosi esse soltanto come nuclei naturali d’aggregazione nuova e di morale unità. Era poi ovvio che tali corporazioni riunite dalla comunanza d’interessi, di tutela, di potenza, formassero tra di loro una grande fratellanza, il comune: cessa l’appellativo di schola e vien sostituito dall’universitas, il consul

  1. Mansi, Sacrorum conciliorum collectio, col. 719: «Item. Sed et hoc sub anathematis interdictionibus decernimus, ut nulli unquam laicorum ex manu armata vel ex aliis ordinibus praesumant inveniri in electione pontificis».
  2. Regesto Sublacense, doc. 66.
  3. Op. cit. II, 479 sg.
  4. Lib. pontif., Vit. Hadr.; Muratori, Ant. Ital. diss. 75.