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i porti della maremma senese 97

essero un tranello accortissimo per tentar di rompere la lega e l’amicizia tra le due repubbliche. Ricordassero che non altrimenti avea proceduto in sulle prime re Ladislao, che i Senesi voleva inimicare ai Fiorentini, non per altro, come i fatti mostrarono, se non per indebolire le due repubbliche e diventarne signore1. Questa la sapiente risposta dei Fiorentini ai Senesi, la cui alleanza fu salute reciproca, e muraglia incrollabile dinanzi all’esercito regio. Così questa unione fosse lungamente rimasta tra le due città! Le quali congiunte vinsero Ladislao e i Genovesi, e salvarono la libertà loro: divise e tra sè inimiche furono vinte da Carlo V e dal papa, pagandone il fio con tre secoli e più di servaggio ducale.

Ai Senesi pertanto non mancò animo ne costanza in questa occasione, benchè scarsi fossero gli aiuti de’ Fiorentini, e il papa avesse detto chiaro di non poter venire in loro soccorso. Crebbero, quanto poterono, il numero dei fanti nella maremma: tenevano desti con ammonizioni continue i capitani, e cercavano di ricuperare anche per via di tradimento il Porto ad essi usurpato. Questo negozio aveano commesso ad un tal Francesco di Giovanni, suddito fiorentino ma oriundo di Arezzo, il quale riuscì ad avere qualche intelligenza con alcuni di coloro che stavano alla guardia del Porto. Potè con denari ottenere salvacondotto per viversene sicuro in Talamone; ma quando fu vicino a cogliere il frutto della sua audacia, vi fu tra’ congiurati chi, rotta la fede, manifestò la trama, e Francesco salvò a stento la vita, pagando duecento fiorini2. Ciò avveniva nell’ottobre del 1410. Riuscito a male il tentativo, i Signori del governo mandarono nuovo sforzo di gente in maremma; e

  1. Vedi, tra i Documenti il n. VI.
  2. Questo fatto trovasi narrato in una lettera scritta dai Fiorentini alla repubblica il 21 ottobre 1410.