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rassegna bibliografica 187

Caldara da Caravaggio, discepolo di Raffaello, e Castello Castelli da Gandino.

È un’opera amena quella del Locatelli; un misto di storia e di fantasia, e la parte poetica non si può raccogliere qui, si vuol leggere. E noi andiamo contenti solo ad accennare di essa i fatti notevoli, ed atti a sollecitare gli studiosi a cercarla. Con essa si sale a rintracciare il nido di Antonio Boselli a S. Gio. Bianco, di Iacopino da Scipione ad Averara, paesello semenzaio di artisti, dei Gasarni a Poscante, di S. Croce a Spino, di Palma a Serina, del Morone a Bondo di Val Seriana. Il quale fu a Brescia per studiarvi sotto Bonvicino o Moretto, la cui famiglia dovea avere con quella del Morone affinità, perchè anche la Bonvicina veniva dalla Valle Seriana, da Ardese.

Il nostro scrittore ci dà buone e curiose notizie de’ due sommi bergamaschi del secolo XVI, Talpino o Salmeggia pure di Val Seriana, e Lorenzo Lotto che altri vogliono veneziano. Col primo volume siamo già entrati nella splendida fase dell’arte, quando questa per le vivide luci di Raffaello e di Michelangelo da Roma, di Tiziano da Venezia, di Andrea del Sarto da Firenze, di Leonardo da Milano, non era più di alcuna speciale città, ma italiana. Il tipo della pittura bergamasca smarrivasi.

Nel secondo volume il Locatelli piglia l’arte a questa altezza e la conduce per biografie sino al nostro secolo, mostrandone le trasformazioni, le influenze delle varie scuole, de’ maggiori modelli. Vi discorre del Cariani ovvero Giovanni Busi da Fuipiano in Valle Brembana giorgionesco discepolo di Barbarelli, de’ pittori d’Averara, di Gianfrancesco Terzi, di Francesco Bonetti, degli scolari del Morone e del Talpino e del Cavagna, di Carlo Ceresa, de’ Preti Roncelli e Cotta, di Cristoforo Tasca, di Enrico Albrici, di Antonio Cifrondi, e finalmente de’ paesisti che morirono in questo secolo, Gozzi, Deleide, Ronzoni. Sono molto curiose, e nuove in parte le notizie che reca de’ pittori d’Averara.

Averara, egli dice, è una vallicella di Valle Brembana superiore, alpestre e tutta chiusa da alte giogaie. Quivi s’esercitarono forse ne’ primi passi all’arte gli Scipioni, i Della Vite, i De Borgatti, gli Scanardi, i Baschenis, i Guerinoni. Col Tassi