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i porti della maremma senese 69

dell’Elba, si volse rapidamente verso Talamone, vi approdò e mise a terra le sue artiglierie. Ora avvenne che mentre faceva gli apprestamenti per battere quella rôcca, molti Turchi, avidi di bottino, si recarono furtivamente a Monteano, lo saccheggiarono, e ne condussero prigioni molti abitanti. E poscia che ebbero espugnato Talamone, dove solo il castellano ed il capitano del presidio si salvarono liberi, costeggiando il Monte Argentare vennero dinanzi a Port’Ercole. Raccontasi che in Talamone commettesse il Barbarossa atto di brutale vendetta; «però che avendo udito come nella chiesa del luogo giacessero le ossa di Bartolomeo da Talamone, uomo valoroso, che trovandosi al governo delle galee del papa, mentre scorazzava l’isola di Metellino aveva dato il guasto ai poderi del padre suo, lo fece dissotterrare e buttarlo ai cani; ne pago a tanto ordinò che la casa di lui si riducesse in cenere»1.

La Balìa, avuto sentore del pericolo che soprastava a Port’Ercole, mandò per soccorso al duca di Firenze, il quale spedì in maremma Stefano da Palestina e Chiappino Vitelli con molti fanti e con cento celate. Ma il Barbarossa volendo prevenire l’arrivo di quelle milizie, cominciò a battere senza indugio Port’Ercole, che, fatta debole resistenza, si arrese al nemico, e fu consegnato a Leone Strozzi ammiraglio del re di Francia. Allora disegnarono i Turchi di dare l’assalto ad Orbetello, luogo per natura assai forte; ma vista difficile e pericolosa l’impresa, se ne partirono, navigando verso levante. I Francesi rimasti alla guardia di Port’Ercole, temendo di non poter a lungo resistere contro le forze unite dei Senesi e del duca di Firenze, pensarono di offerire al papa Talamone e Port’Ercole, obbligandolo così maggiormente inverso di loro. Ma il papa, che non vedeva per nulla prosperare in Italia le sorti di Francia, ricusò

  1. Guerrazzi, Vita di Andrea Doria, Tom. II, pag. 51.