Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/441

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rassegna bibliografica 147

prego siano intese con la debita discrezione; e non mi si faccia dire che que’ nostri vecchi scrissero con una falsariga nel trecento, con una nel quattrocento; e guai a chi voglia trovar le eccezioni. Anche qui le eccezioni, col solo apparir tali, confermano la regola: e del resto, è materia troppo umile, perchè metta conto impiantarvi sopra una teoria.

Se non che mentr’io mi trastullo sulla curiosità di queste elegantissime tavole, m’accorgo d’essere entrato in alcuno di quei più sostanziali meriti che dissi doversi attribuire alla lor collezione; e propriamente in quello che risguarda la paleografia. Nè ciò soltanto perchè la maggior parte de’ documenti pubblicati ha accanto a sè una diligentissima trascrizione in istampa, sulla quale i meno esperti possono avvezzarsi a conoscere le difficoltà e vincerle; ma più perchè una collezione così numerosa di facsimili (dovrann’essere, in tutto, 300) presenterà tanta copia di nessi ed abbreviature, varietà di punteggiatura, singolarità o irregolarità grafiche, da potere molto utilmente essere aggiunta alle tavole d’un compiuto trattato di paleografia. A misurare la quale utilità giovi pensare che quando, come spesso accade nelle cose dell’antichità, quistioni letterarie fanno capo ad una di paleografia, per risolver questa sicuramente, l’abbondanza degli esempi non è mai soverchia, e più sono desiderabili quelli i quali, anzichè da scritture letterarie, sieno esse copie od originali, vengono da scritture interamente familiari, dove anche la mano di chi scriveva era con maggior libertà abbandonata a sè e alle sue abitudini.

Anche la mano. Imperocchè, se lasciamo finalmente da parte le lettere e le sillabe, e veniamo a dire alcun che delle parole e de’ sentimenti, possiamo affermare che la nativa schiettezza e originalità del dettato formano un grandissimo pregio della collezione di queste scritture, che mi pare a un tempo e letterario e morale, e che si fa sentire anche più vivamente per la veste nella quale le ci si presentano, attissima a generare illusione, cosicchè quasi ci risuonino agli orecchi quelle parole, e l’uomo intero in quelle poche linee che da lui paiono scritte si riveli a’ nostri occhi. Molto saviamente pertanto il signor Pini ha, nello scegliere gli autografi, i quali per la maggior parte si conservano nell’Archi-