Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/443

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rassegna bibliografica 149

«al nome di Dio; e io, tosto avrò conpiuto il lavoro de’ Ganbacorti, e così de la tavola detta farò. In conclusioni, io farò ciò che il maestro Paulo mi dirà, e così di voi. Dio sia guardia di tutti. Dì vii di setembre». Dalla portata di Masaccio al Catasto del 1127 impariamo la povera condizione di quel mirabile giovine, che anni innanzi ch’e’ morisse così glorioso a ventisett’anni: «Siamo in famiglia noi due con nostra madre, la quale è d’età d’anni quarantacinque; io Tommaso sopra detto sono d’età d’anni venticinque, e Giovanni mio fratello sopra detto è d’età d’anni venti». Anche Donatello, uomo però di quarantasett’anni, avea seco la madre «Monna Orsa» d’anni ottantaquattro, e la sorella «donna Tita» di cinquantadue, ed era povero e indebitato ancor egli. Il Brunellesco invece può schierare una bella lista di crediti; e libero d’incarichi di famiglia, in quella sua «casa nel popolo di san Michele Berteldi», con «uno fanciullo d’età d’anni quatordici il quale à alevato insino da piccolo, e tienlo come figliuolo, e una fante che governa», vive tranquillo e di buon umore, attendendo a voltar la Cupola e a motteggiar sul Ghiberti e a farsi beffe del povero Grasso legnaiuolo. Quel fanciullo fu poi Andrea Cavalcanti scultore, detto dalla patria il Buggiano ed erede del Brunellesco. Benozzo Gozzoli difende presso il magnifico Piero de’ Medici due serafini ch’egli ha, spera, assai acconciamente, introdotto «tra certi nugoli» a’ canti d’un suo affresco; ma se poi il Magnifico non se ne contenta, «dua nugoli gli leveranno via»: perchè, scrive il buon Benozzo, «ciercho quelle vie ch’io possa far cosa chessia che io possa sodisfarvi, almanco in una buona parte»1. E sullo stesso stile, fatto più curioso e dal dialetto e da certa ingenuità baldanzosa, si raccomanda Domenico Veneziano: «Se voi sapesi el disiderio che ho de fare qualche famoso lavorio,

  1. Chi voglia sapere se la vinsero i nugoli o i serafini, vada a vederlo nella cappella del palazzo Mediceo. In questa lettera del Gozzoli è da notare il vocabolo pontata che manca a’ vocabolarii, sebbene vivo nell’arte . e vuol dire; tanto lavoro quanto se ne può fare in muro, senza mutare il ponte sul quale si lavora. Ecco il passo della lettera di Benozzo: «Io credo che di quest’altra settimana io arò fornito questa pontata. Credo che voi vorrete vedere inanzi ch’io levi il ponte».