Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/474

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180 di una sconfitta nel vicentino ec.

derivazione; io ritornerei sulla mia congettura che acqua e laco siano nella fonte il liquore medesimo, come vado e voda; e rammentando il gorello del Targioni, fossetto in cui scorre l’acqua, e la gora del mare nell’antico volgarizzamento di Livio, soggiungerei che la radice or, o piuttosto la semplice r dominante con varie vocali ne’ nomi delle acque, anche qui denoti acqua in genere, corrente o no: perchè sempre in ogni liquido supponesi un moto, e ne’ solidi stessi più immobili lo pone per sua propria natura la nostra mente.

Con la temperanza, ch’è virtù e accorgimento dei dotti davvero, Ella concede che Dante in quel luogo accennasse non sola una disfatta punitrice de’ popoli alla legge fraterna ribelli. Nondimeno se si potesse dalla esatta osservazione dei luoghi raccogliere quale la rotta più prossima al sito dove il padule aveva sfogo di fossi, e dove l’arte più s’ingegnava di medicar la natura, confesso che il vaticinio mi parrebbe più confarsi allo storico poetare di Dante. Alle molte citazioni che illustrano la potente parola del cangiar l’acqua per sangue, (portento di provvidente giustizia, com’è continuo miracolo di misericordia provvidente il farsi vino dell’acqua stillante dalla vite in virtù di quel sole che splende sui buoni e sui tristi, sugl’imbecilli astutissimi della corte e sui deboli semplici della plebe); a quelle citazioni potrebbesi aggiungere il Ricciardetto Fan correre di sangue un’ampia gora (dove pur la gora è corrente); e il Petrarca Tutte vestite a brun le donne Perse E tinto in rosso il mar di Salamina. Al fiume colorato in rosso risponde una locuzione d’Orazio che, se in lui non leggessi, io ignorante non direi aurea: Qui gurges aut quae flumina lùgubris Ignara belli? quod mare dauniae non decoloravere caedes? Que caret ora cruore nostro?; dove l’amplificazione oltre alle solite dello scrittore, quand’anco l’ode non fosse nel primo libro, la dimostrerebbe delle più giovanili; e lo dimostra quel chiamare dauniae le stragi romane, quel ricordare la natale sua terra.

Dell’abbreviare, come Orazio fa, la seconda di Palus, altri potrebbe vedere una traccia nel nomignolo di Palusello. Io credo che Dante dicendo Val di Pado, non latineggiasse costrettovi dalla rima e dall’imperatore Corrado, che creò cavaliere il suo arcibisnonno, ma si servisse d’un vocabolo