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società colombaria fiorentina 199

veduti dal nostro collega Milanesi danno, che il Cioli scultore vi lavorò di figurine; e Baccio Baldini, bibliotecario e medico, precedeva all’opera. Ma questo vorrà dircelo a suo tempo il nostro Conservatore: io dirò d’altre poche lezioni, che due soci urbani fecero in questo biennio.

Fra i lavori edilizi, più o meno necessari, che il Municipio fiorentino disegna, par che non va la trascurato il Pontevecchio, con quelle sue botteghe, con quel corridore che congiunge il palazzo che fu della Signoria alla residenza del Principe. E perchè l’arte co1 demolire fa più presto, e schiva le difficoltà ohe s’incontrano molte e gravi nell’adattare a’ nuovi bisogni le cose antiche; non mancò il progetto di ridurre quel Ponte come qualunque altro ponte; condannando le botteghe degli orafi come inutili, il corridore come memoria di sospettosa tirannide! Nè a questo valeva che le pacifiche arti vi avessero preso domicilio, nè a quelle l’antichità venerabile, la ricchezza sfolgorante, e quasi non dissi la fama. E l’opinione che si dovesse far così, pareva confermata dal vedere che nessuno architetto, neanche per istudio geniale, se n’occupava: quando un giovane, Ferdinando Fantacchiotti, metteva fuori un suo disegno. Dal quale tolse occasione il nostro collega Guglielmo Enrico Saltini per ricordare, con una sua lezione1, la vecchiezza e le vicende del Pontevecchio (già il Manni ne aveva scritto), e mostrare più che la convenienza di seguire in ogni parte il concetto del giovane artista, il dovere di conservare lo antiche costruzioni. Il Saltini vorrebbe che delle officine su cui passa il corridore si ricercasse tutta l’ossatura, e tornando fuori gli archi di Taddeo Galdi o, meglio, di Neri Fioravanti, ce ne giovassimo per una loggia come quella che già abbiamo sul colmo del ponte. Del resto, concede che le botteghe si levino; nè gli duole che per rendere il ponte spazioso, si demoliscano affatto le botteghe e gli archi che ricorrono sulla destra spalletta. Ma se anch’io posso dir la mia, dirò: che le botteghe, non il corridore, danno al Ponte un carattere; che gli archi del Fioravanti non furono fatti per il corridore; e riaprendoli, il corridore peserà loro addosso, senza far un insieme da contentare la mente dell’artista e l’occhio del popolo: che nè al popolo nè all’artista parrà bello il Ponte caricato sovra una sola spalletta da fabbriche, le quali senza cascar mai in Arno, parrà che sempre stiano lì lì per ribaltare. Io non m’intendo di statica; ma se Michelangelo parlava d’un compasso negli occhi, credo che l’equilibrio debba rispettare anche le leggi dell’ottica.

Una copiosa raccolta di Lettere latine di Girolamo Morone era venuta in luce nel 1863 per cura di Domenico Promis e di Giuseppe

  1. Tornata del 23 di maggio 1869.