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214 sul riordinamento degli archivi

buone guarentigie, considerati gli archivi come ogni altra parte importante del pubblico servizio. Non fu poi concorde in questo: che taluni sopra la importanza storica ponevano la politica e l’amministrativa; altri a queste preponevano la storica. E se i primi dicevano che gli archivi per quanto possano servire agli studi non prendono mai tanto la qualità di istituti scientifici, che non rimangano soprattutto depositi di documenti, nei quali il governo come il pubblico ha i più vitali e più comuni interessi, i secondi dicevano che la politica e l’amministrazione possono e debbono avere le loro riserve, ma il documento che passa in archivio entra già nel dominio della storia; e che ponendo a capo degli archivi uomini forniti di molti studi, volendo nella maggior parte degli ufficiali una larga coltura, e mantenendo presso gli archivi uno speciale insegnamento affinchè di là escano, non opere storiche, ma quei lavori che sono di grande sussidio agli studi storici, gli archivi assumono forma e natura d’istituti scientifici. Le quali sentenze portavano una parte della Commissione a propendere pel Ministero che governa e amministra lo Stato; l’altra per quello che ha cura dell’istruzione. Raccolti i suffragi, la maggioranza fu pel Ministero dell’Interno.

I quesiti quarto e quinto portarono a ricercare la condizione degli archivi provinciali. La Commissione trovava archivi provinciali già costituiti nelle provincie meridionali, dipendenti dalle direzioni generali di Napoli e di Palermo, governati da un regolamento che risale al 1818. Ma entrando meglio addentro, si dovè persuadere che quelli sono veri archivi di Stato, sezioni dei grandi archivi di Napoli e di Palermo, ai quali la provincia dava il nome e pagava le spese sul così detto fondo comune. E tanto è ciò vero, che pubblicata la legge comunale e provinciale del 20 marzo 1865 non ci fu verso di applicarla agli archivi di quelle provincie, e sorsero tante difficoltà, che i Ministri dell’Interno e delle Finanze con il Consiglio di Stato, vi faticarono molto senza che in cinque anni si veggano tolte di mezzo. Nè, a parere della Commissione, si torranno, ove non si ammetta che la legge del 1865 parlò soltanto degli archivi che raccoglierebbero gli atti dei Consigli e delle Deputazioni provinciali, dentro o presso a quelli delle prefetture; e che per quelli chiamati provinciali perchè stanno nelle provincie, ma veramente di Stato perchè conservano le carte del Governo, bisogna prendere altri provvedimenti.

E la Commissione ne trovava un esempio in Toscana. Gli archivi di Stato in Lucca, Pisa e Siena sono anche provinciali, sebbene dichiarati sezioni dell’archivio centrale di Firenze e governati con le medesime discipline. E su questo esempio (ove le condizioni del-