Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/515

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di stato 221

come sarebbe conveniente che (qualunque sia la dipendenza degli archivi di Stato) al Ministro dell’Istruzione spettasse approvarlo sulla proposta del soprintendente.

E quando si abbiano buoni ufiiciali si avranno buoni ordinamenti. Ma la Commissione non può tacere, che nel personale vi sono buoni elementi e che già molto si è fatto per gli archivi centrali; sicchè, poco più poco meno, non si dovrà far altro che applicare agli archivi tutti del Regno le norme che hanno fatto prova migliore. E intorno a ciò vorrebbe la Commissione che fosse lasciato ai soprintendenti una discreta libertà, sì perchè gli archivi d’una parte d’Italia, anche materialmente, non si riscontrano in tutto con quelli di un’altra; si perchè a guastare un ordinamento meno buono si peni poco, ma sostituirne uno migliore non è sempre agevole. In questo concordi, che l’archivio deve rappresentare, per quanto è possibile, la costituzione dello Stato, e gli elementi della vita civile; la esperienza poi insegnerà a tutti, e l’emulazione farà pure qualche cosa, anzi molto, quando l’opera interna dovrà manifestarsi ed essere giudicata da coloro che sanno.

Con che la Commissione intende accennare ai lavori di archivio e alle stampe. E qui occorre spiegarci bene. Chi conosce le pubblicazioni che si fanno dalla direzione generale degli archivi di Francia, e da quelli stessi archivi dipartimentali; chi ha veduto gl’inventari Belgi, promossi dal Gachard, e i be’ Regesti che si mandano in luce dalla direzione degli archivi d’Inghilterra; chi non ignora i lavori d’inventario e di regesto, come le altre pubblicazioni di alcuni archivi italiani, non può prendere equivoco; ma v’ha chi crede che le soprintendenze, stampando, invadano il campo delle Deputazioni di storia patria, che dopo la prima e benemerita istituita in Piemonte dal Re Carlo Alberto, si sono andate formando in varie province d’Italia. Ora il fatto delle Deputazioni dia norma al giudizio. Uno statuto, un codice diplomatico parziale, cronache, legazioni d’ambasciatori, sono quel tanto che danno in luce le Deputazioni; e se le illustrano, come ben sanno, le forniscono di prefazioni e di note, ragguagliano più testi fra loro, e così donano un nuovo monumento di storia alle loro provincie. Ma l’archivista fa ben altra cosa; non sceglie, non illustra, non confronta. Inventaria tutto, i diplomi e le bolle, come le più umili carte: transunta dal primo all’ultimo documento d’una serie; nè pensa se uno vai più dell’altro, se un nazionale o uno straniero se ne gioverà. Serve alla storia, non si appassiona per nulla: e finito un registro, ne prende un altro. Pubblicando poi le soprintendenze questi lavori, (che le deputazioni non sono chiamate a fare, nè fanno) soddisfano al bisogno di chi studi la storia d’Italia, poniamo in America, e servono anche alle