Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/117

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rassegna bibliografica 113

tolico, può essere, di grande utilità alla cristianità; ma, perverso e corrivo a dannazione, sarebbe un flagello tale da renderne necessario l’indebolimento >. Sisto quinto era ben lontano d’appropriarsi le idee e le vedute del re, quantunque esso, certo non meno di lui, avesse a cuore gli interessi cattolici. Lo dimostrano chiaramente, oltre molte altre prove, le parole dall’Olivares, nel momento delle maggiori angustie di Enrico III, indirizzate al suo sovrano. «È massima di questa corte di porgere aiuto al re francese, quantunque non si fidino di lui. Giacchè nel caso che soggiacesse la Francia, temono che l’Italia ancora divenisse serva di Vostra Maestà».

Tali parole del conte d’Olivares sono posteriori alla tragedia di Blois, succeduta nei dì 23 e 24 dicembre del 1588. Allorquando il cardinale di Joyeuse partecipò al pontefice la convocazione degli Stati in questa città, aggiungendo, tale convocazione essere effetto della libera volontà del re, il quale se ne riprometteva la pacificazione del regno e il rinvigorimento della regia autorità, Sisto quinto, antiveggente più di Enrico III, aveva risposto: Interverranno anco i principi, e non faranno tutto il bene possibile. L’andamento della discussione, pel quale veniva messo in forse fin il fondamento del potere sovrano, pur troppo diede retta al pontefice. Ma si capisce, qual effetto dovesse produrre sul di lui animo l’assassinio dei principi di Guisa. Quanto al duca, il papa era commosso maggiormente pel momento e per i mezzi scelti dal re onde disfarsi di lui. Ciò risulta con piena evidenza dalle parole indirizzate a Giovanni Gritti, dal medesimo ripetute nel dispaccio del 7 gennaio 1589. «Noi non potemo laudare, anzi siamo astretti a biasimare il Duca di Guisa di quel primo atto che fece di armarsi et unirsi con altri principi contro il suo re, perchè a lui non s’apparteneva in alcun modo prender l’armi contro il suo principe; et benchè le prendesse sotto pretesto di religione . però non se li conveniva, essendo suddito, armarsi contro il suo re nè volergli dar legge, et questo fu eccesso et peccato, perchè il vassallo non ha da comandare nè sforzare il principe; può ben avvertirlo, esortarlo, ma armarsi et far sollevationi è operatione che non si può escusare, è peccato. Et se il re perciò fosse proceduto et l’havesse punito, non se gli poteva dir altro,