Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/323

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rassegna bibliografica 319

suo lavoro, nella prima intende a fare l’esposizione delle Condizioni d’Italia nei primordii del secolo XVI. In questo studio, a parer nostro, si trascende troppo. Pigliando le mosse dal secolo XVI, si sale a portare giudizio di tutta l’età di mezzo; e accettando con eccessiva fiducia le parole su quella età del medesimo Segretario, si riesce esclusivi e incompleti. iSel secolo XVI non si era in condizioni di giudicare quel periodo di tempo. Essendosi tuttavia al limite di quella età che terminava, e a quello dell’età moderna che incominciava, uno non si trovava in grado di parlarne con la pacatezza voluta pei giudizi storici. Da allora in oggi sono troppo mutati i dati e gli elementi per formarsene un criterio. Di tutti que’ fenomeni di scadimento morale, di sfasciamento d’ogni ordine politico, di negazione sistematica e vicendevole - del laicato e del chiericato - d’ogni diritto e d’ogni dovere; in oggi va portato un giudizio differente da quello che si emetteva nel secolo XVI. E se al Machiavelli venivano scritte nei Discorsi - libro I, cap. XII - le acerbe parole rispetto al Pontificato che l’A. riporta a pag. 15; come pure, nel Principe e nelle Storie, quelle rispetto alle altre pretese della medesima Curia Romana circa le esenzioni delle persone ecclesiastiche dai tribunali dello Stato; circa l’ingerenza negata ai giudici civili nelle cause matrimoniali, e in quelle per le decime, per i giuspatronati, per i beneficii; e che quindi lo Stato dovesse lasciar liberi i tribunali ecclesiastici nell’emettere decreti, nel citare ed esaminare e anche condannare le persone senza riguardo alle leggi proprie del paese; e che que’ tribunali avessero una particolare ed esclusiva amministrazione; e che di più lo Stato dovesse prestar loro man forte ogni volta che fosse occorso; e dovesse inoltre ritenere scaduti dai diritti civili e politici gli eretici e i loro fautori; e si dovessero riconoscere inviolabili gli asili per i malfattori, nelle chiese e nei monasteri; de’quali monasteri e chiese si dovessero ancora accettare le tante immunità, e rispettare le decime che riscuotevano dalle popolazioni; mentre invece pretendevasi lo Stato abbisognasse del beneplacito pontificale per imporre nuove tasse; e, oltre a tutto questo, tollerare, come continua l’A., «gli eccitamenti alla ribellione, la privazione di regni, la spogliazione di sudditi, la inibizione di