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384 del monte di venere

Nel canto vigesimo quarto dell’Italia liberata dai Goti quest’angolo dell’appennino vien celebrato qual teatro di divinazione. A ognuno poi è noto il racconto di Benvenuto Cellini della necromanzìa praticata nel Coliseo romano. Lo stregone, prete siciliano, «di elevatissimo ingegno e d’assai buone lettere greche e latine», disse al nostro fiorentino il luogo più a proposito per le arti magiche essere nelle montagne di Norcia; un suo maestro aver consacrato in un luogo vicino alla Badia di Farfa, ma avervi avuto qualche difficoltà, «le quali non si sarebbono nelle montagne di Norcia, (mentre) quelli villani norcini son persone di fede, ed hanno qualche pratica di queste cose, a tale che posson dare a un bisogno maravigliosi aiuti». Fra Leandro Alberti Domenicano nella descrizione di tutta Italia stampata a Bologna nel 1550 rammenta il «Lago di Norsia» oggidì ancora dal popolo chiamato Lago di Pilato, e ricorda alcuni tedeschi uomini dotti e pratici che vi erano andati con grande spesa.

Dicerto è cosa singolare l’incontrarsi con queste fole nell’epoca più splendida di quella moderna civiltà, la quale traeva l’indole sua speciale dal culto dell’antichità. Ma giova riflettere, questa folta nebbia di superstizione, non sempre dispersa dalla luce della fede cristiana, essere d’origine essenzialmente pagana1. Accanto ai Lares e Manes benigni stavano le Larvae e i Lemures spiriti notturni e maligni, colle forme di scheletri e di fiere, contro ai quali istituivansi feste popolari ed incantesimi. Abbondante rimane la nomenclatura spettante ai sortilegi: Magus, maleficus, veneficus, sortilegus, lamia, saga, strix, maga, sortiaria. La fine del quattrocento, il principio del cinquecento trova-

  1. Iac. Burckhardt nella pregevolissima opera già citata: Die Cultur der Renaissance a pag. 512 seg., espone la correlazione tra la superstizione del medio-evo e maggiormente dell’epoca degli umanisti colle credenze popolari del paganesimo.