Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/445

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rassegna bibliografica 439

Secondo il sig. Bernhardi, Angelo di Costanzo, gentiluomo napoletano e letterato notissimo, ha dunque composti alcuni ricordi storici de’ tempi degli ultimi Svevi e de’ primi Angioini che signoreggiarono nel regno di Napoli, fingendoli scritti da un contemporaneo, che egli chiamò Matteo Spinello da Giovenazzo, e gli ha per il primo annunziati al pubblico, nella sua Storia napoletana stampata nel 1572. Base principale della falsificazione sono stati alcuni libri che già si avevano a stampa, come il Platina, Flavio Biondo, il Fazello e sopratutto la Cronica di Gio. Villani, di cui ebbe, o un cattivo codice, o più probabilmente la prima stampa del 1537. Delle croniche che allora erano manoscritte non vide le più autorevoli, ma vide di certo l’Historia Sicula di Lorenzo Buonincontri. Alcun poco lavoro anche in qualche archivio, ma con poco frutto. Con questi soli materiali, a confessione del Bernhardi stesso, la frode sarebbe riuscita facile troppo a scoprirsi; tuttavia il Costanzo riuscì a gabbare gli eruditi, perchè invece di copiare sempre gli esemplari che aveva tolti a guida sua, con «una certa abilità ha cercato di riunire notizie da diverse parti ed ha adottato un procedimento, per così dire, eclettico, in modo che non accorda pienamente con alcuni dei suoi fonti. Questo metodo lo ha preservato dall’essere scoperto»1. Per imbrogliare sempre più la matassa, il Costanzo, non solo mise in bocca al supposto antico notizie ignote o variate da quelle dei modelli, ma di più, scrivendo egli poi la Storia di Napoli, ha fatto altrettanto verso lo Spinello, cioè abbandonata spesso la sua testimonianza ed accettata invece quella di altri che lo contradicono. Ha fatto anche di più; mentovando i Diurnali ha usata «una espressione oscura quanto è possibile, che a bello studio indica falsamente lo spazio di tempo che comprendono»2. La sua cautela è stata infine così sottile, che volendo scrivere nel falso autore il nome di uno dei suoi antenati, «con manifesta accortezza», lo ha chiamato solamente de Pu-

  1. Minieri Riccio, pag. 24. Per non moltiplicare le note, si citerà sempre il libro del M. R. anche per i passi del tedesco, quando integralmente vi sono riportati.
  2. M. R., pag. 29.