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rassegna bibliografica | 183 |
Non a torto l’attenzione degli storici veneziani fu attirata particolarmente dal Chronicon venetium di Giovanni diacono, perchè, come già ebbe a notare il M. ne’ suoi studi precedenti1, nessuna altra fonte dell’antichissima storia veneziana diffonde tanta luce sopra certi avvenimenti che il Dandolo accenna appena, oppure trascura completamente. E la narrazione del cronista Giovanni diventa diffusa e acquista la massima autorità quando espone i fatti contemporanei, la maggior parte dei quali noi non potremmo conoscere d’altronde. L’esposizione delle vicende di Pietro Orseolo II (991-1009), che rivolse tutta la sua attività alla prosperità commerciale ed alla sicurezza di Venezia, e specialmente la lunga narrazione della conquista della Dalmazia intrapresa da quel doge, è veridica, minuta e chiara, tanto che in questa parte la cronaca, procedendo anche con forma meno sconnessa, si avvicina ad una vera e propria storia degli avvenimenti che si svolsero sotto gli occhi dell’autore, e nei quali anzi l’autore stesso ebbe parte non piccola né indifferente. Sebbene questi abbia posto ogni cura nel celare l’essere suo, tuttavia la conoscenza ch’egli mostra di alcuni fatti i quali non potevano essere noti se non a un testimonio oculare, indusse ultimamente i dotti a concludere concordemente che l’autore di questo Cronicon venetum non può essere altri che Giovanni diacono, in presenza del quale il doge Pietro Orseolo II e l’imperatore Ottone III s’incontrarono e si abbracciarono nell’isoletta di S. Servolo una notte d’aprile del 1001.
Notizie importanti sebbene poco copiose sul diacono Giovanni ci danno alcuni documenti che il M. ricorda nella Prefazione al testo, e che ci rivelano come l’operosità politica del nostro autore si svolse alla corte di Ottone III e di Enrico II, «mentre manca qualunque indizio ch’egli abbia avuto parte alle trattative non meno importanti che nel medesimo tempo vennero fatte tra il doge e la corte bizantina»2.
L’opera del diacono Giovanni, di cui i dotti incominciarono a indagare le fonti e i codici nei primi anni del secolo XVIII, fu chiamata da alcuni Cronaca Sagornina, perchè il padre Bernardo De Rubeis ne’ suoi Monumenta Ecclesiae Aquileiensis (cap. XXVIII),