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delle pievi di bono e di condino nel trentino 15

portanza sotto questo aspetto anche un documento del 1304 (doc. XXXVIII), che contiene una elezione dì arbitri per decidere d’una lite di possessi tra il Comune di Storo da una parte e quello di Lodrone col Nobile Pietrozoto di Lodrone dall’altra, dove questi compare come comproprietario di quei beni comunali, senza però alcuna apparenza di superiorità.

Ma più che alla storia delle famiglie nobili giudicariesi o allo studio delle condizioni personali nel Trentino, possono le nostre carte, per la natura loro, portare un importante contributo alla conoscenza delle istituzioni comunali. E appunto per ciò, se fin qui accennammo ai Comuni per le relazioni esterne che essi ebbero, dobbiamo ora entrare nella loro vita interna, ricercarne il formarsi e lo svilupparsi, considerare su quali fondamenti si basava la loro esistenza.


    ziale di Por, del 1354, che contiene una convenzione tra i nobili Giovanni q. Gerardo e Nicolò q. Odorico d’Arco e i rappresentanti di Roncone, Por, Strada e Daone, relativa agli obblighi di queste Comunità verso la Casa d’Arco. Vi si dice che già nel 1344 le prestazioni annue dovute da quelle e consistenti in quindici montoni, cinque agnelli, un’orna di vino colato, tre gaiette di frumento, venti soldi, quattordici fittaroli di cacio, due galline, due sol lati di ova, tre soldi di cacio e una quarta di nona, erano state ridotte ad un canone pure annuo di sedici lire e mezzo di piccoli, e che più tardi un altro fitto di due montoni, tre focaccie, tre spalle di carni, mezzo staio di vino e mezza gaietta di nona, che Roncone doveva dare agli stessi Signori, era stato pure ridotto a un altro canone di quaranta soldi. Ora le dette Comunità si sciolsero anche dalla corresponsione di questi affitti col pagamento di dugento cinquanta ducati d’oro e per questo i Signori d’Arco le liberarono ab omnibus et singulis quibuslibet servitutibus realibus et personalibus condicionibus focis mortuis fictis drictis et ab omnibus alliis factionibus et functionibus realibus et personalibus quocumque nomine censeantur, così che quei vicini senza bisogno del loro consenso potessero in comuni et divisini vendere alienare donare et pro anima judicare pro libito suo bona sua comunia et divisa sicuti et quemadmodum liberi homines et sui juris facere possent. Restò tuttavia il diritto che Giovanni e Nicolò avevano in quam pluribus hominibus et personis dei detti luoghi reddendi jus et rationem, cioè la giurisdizione feudale, e restò pure l’altro diritto dei detti Signori che gli uomini di quelle Comunità dovessero un giorno ogni anno comparire avanti a loro ad reddendum et audiendum jus super antiquis ipsorum rationibus viarum terminorum cesarum et aliarum rerum hiis similium secundum eorum antiquam consuetudinem.