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delle pievi di bono e di condino nel trentino 29

loro ufficio, essendo per la maggior parte del secolo XIII e della prima metà del XIV, comprendono però un documento (II) del 1086, nel quale compaiono i consoli delle Comunità nel pieno esercizio delle loro funzioni, un documento, che, già pubblicato per due volte, lasciò dubitare della sua autenticità, più che per altro forse per essere di pochi anni anteriore al celebre documento di Biandrate, che era ritenuto come il più antico nel quale si facesse parola dei consoli comunali. Ma il nostro documento, oltre che non essere dopo tutto il più vecchio che ricordi i consoli (citiamo, per esempio, la carta di Asola del 1057, sulla quale è strano che non si fissasse, più che sulla nostra, l’attenzione di chi pure le pubblicò ambedue) non ha poi in se stesso quei caratteri di falsità che debbono farcelo assolutamente rigettare; e i consoli, se nel 1093 compaiono a Biandrate, non è punto inammissibile che esistessero sette anni prima a Lodrone e nelle ville circonvicine1.


  1. La carta contiene un alto col quale i consoli di Lodrone, Onesio e Villo affittano a vari uomini di Anfo e ai loro partionavoli certi pascoli presso il lago d’Idro e il diritto di pesca nello stesso lago. Il documento non è originale, ma una copia autentica fatta per ordine del vescovo Federigo Vanga di Trento (1207-1218). Fu pubblicato dall’Odorici, e dall’Hormayr, il quale però non diede la parte relativa alla copia, ma la disse semplicemente copia incertae fontis. Una copia dell’atto, del seicento, si trova nell’Archivio di Stato di Brescia; l’Odorici la pubblica invece di su un’altra che dovrebbe esistere nell’Archivio comunale di quella città. E strana la varietà deLe date che si attribuirono a quest’atto; l’Odorici, l’Hormayr e il codice dell’Archivio di Stato danno il 10 marzo 1086, ma l’indizione è pel primo la seconda, pel secondo l’undecima, pel terzo l’ottava; mentre in fatto poi al 1086 corrisponde l’indizione nona. E similmente della copia; l’Odorici la pone al maggio del 120.3 indizione prima, senza accorgersi che in quell’anno Federigo Vanga non era ancora vescovo di Trento, e che l’indizione non corrispondeva, mentre invece corrisponde al 1213 (maggio 5) che ci è dato dal codice bresciano. Ma non basta. Il Festi, nella Genealogia dei Ladroni, senza però dire donde tragga la sua notizia, pone l’atto all’11 marzo 1186, sebbene avverta che la copia autentica, esistente nell’Archivio di Stato di Brescia, abbia la data 10 marzo 1086 e sia stata fatta il 15 maggio 1217, inesattezza evidente questa, perchè il codice bresciano porta invece la data 5 maggio 1213, come sopra si è detto. D’altra parte il Festi non riporta esattamente neppure il nome del Vescovo, così che potremmo subito scartare la data da lui attribuita al documento, che contraddice a quella che ci è offerta da tutte le altre copie; s’aggiunga che, a giudicarne dai pochi nomi che ebbe occasione di citare, egli non dovette avere alle mani una co-