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litano a favore dell’operato della Direzione, esistono realmente. E riconosciamo che quest’ultima non possa chiamarsi in nessun modo clericale: quantunque non possiamo approvare quello che ha fatto. Imperocchè i criteri superiori che, secondo noi, si devono avere di mira nella amministrazione dell’ospedale, non furono dalla sua Direzione nel caso presente considerati, e valutati nella assoluta importanza che hanno in sè, e quindi anche in confronto ai vantaggi apprezzabili sotto punti di vista di valore secondario.

Siamo giusti. Il servizio delle ancelle della carità all’ospedale civico nessuno può negare che non sia buono. Primo: esse agiscono, e subordinatamente alle esigenze e alle prescrizioni interne dell’ospedale stesso, o subordinatamente a una loro propria gerarchia in modo che i servizi sono debitamente distribuiti, puntualmente eseguiti, e senza attriti disgustosi e dannosi fra le diverse persone che vi cooperano, e con tale ordine, che assicura il disimpegno esatto delle diverse mansioni sia per la facilità e rapidità onde si fa sentire in tutte le persone dipendenti, sia per la prontezza d’animo onde sono accettati gli incarichi demandati a ciascuna di esse. Secondo: affidati alle ancelle della carità, gli effetti dell’ospedale non vanno perduti con tanta facilità. Terzo: le ancelle della carità assistono agli infermi affidati alle loro cure con abnegazione ammirabile, e colla pazienza dettata dall’amore; il che riesce di conforto morale agli infermi stessi. Quello che è vero, è vero. E noi tanto più lo affermiamo francamente quanto meno siamo sospetti nel farlo. Chi può, avendo un cuor nobile, qualunque sia il suo modo di pensare, non sentirsi tocco dall’entusiasmo alla vista di queste povere donne che consumano la loro gioventù in mezzo al tanfo degli ospedali, in mezzo ai lamenti di quelli che sono tormentati dai dolori, in mezzo allo spettacolo attristante degli uomini annientati dalla febbre, in mezzo a quelli che rendono l’ultimo sospiro; e sostenendo fatiche continue e inter-