Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/21

Da Wikisource.

potuto stargli assente, e piu son note le vertú sue a me che a voi. E mi si debbe credere, avendole io sempre vedute, e voi sempre udite; onde altri si compiace piú ne la vertú degli occhi propri che nei gridi de la fama. E, caso che io ceda con la passione al vostro patire, do cotal preminenza al valore e a la saviezza di che séte piena, di maniera che è piú capacitá de le cose in voi donna che in me uomo; ed, essendo cosi, il duolo è maggior dal lato che piú sa che da quello che mcn conosce. Ma diamisi il secondo luogo ne la doglia, la quale è si giunta al sommo nel mio core, che non ha di che piú dolersi. E sarei morto, mentre ho visto esalargli lo illustre spirito, e nel formargli del volto, che fece Giulio di Rafaello, e nel chiuderlo io ne la sepoltura; ma il conforto, che mi ha dato la eternitá de la sua memoria, mi ha sostenuto in vita. La publica voce de le sue vertú, le quali saranno le gioie e gli ornamenti de la vedovanza vostra, mi ha asciutto il pianto. L’istorie dei suoi fatti mi tolgono non pur la maninconia, ma fannomi lieto. E mi pasco di udir da le gran persone: — Egli è morto uno sforzo di natura; egli è finito l’essempio de la lede antica; egli è sparito il vero braccio di battaglia. — E certo non fu mai chi levasse a tanta speranza l’arme italiane. E che piú bel vanto può avere uno tolto a le cose umane, che la ricordanza del re Francesco, da la cui bocca s’è udito piú volte: — Se il signor Giovanni non era ferito, la Fortuna non mi faceva prigione. — Eccolo a pena sotterra, che gli orgogli barbari, sollevandosi al cielo, spaventano i piú coraggiosi; e giá la paura signoreggia Clemente, che impara a desiderar il morire a chi era atto a sostenerlo vivo. Ma l’ira di Dio, che vói procedere sopra i falli altrui, ce l’ha tolto. La Maestá Sua l’ha tirato a sé per gastigar gli erranti. Perciò consentiamo a la volontá divina, senza piú trafiggerci l’animo, dando orecchie a l’armonia de la sua laude. Ristringasi il cor nostro nei diletti dei suoi onori; e, ragionando de le sue vittorie, facciamoci lume con i raggi de la sua gloria, la quale è andata inanzi al feretro, mentre la pompa funebre stupiva nel vedersi splendere nel mezzo dei capitani famosi, che l’hanno portato a sepellire su le loro spalle onorate.