Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/35

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promettervi di seminare la fede, la vertú e il vero ne le contrade vostre, sterpando, con la libertá del dire, da le radici la menzogna e l’adulazione, ovunque ella germogliasse. Ed eccomi pronto a corrervi ai piedi senza la cavalleria, ch’io intendo che mandate per levarmi di dove sono. E a la Eccellenza Vostra faccio riverenzia. Di Venezia, il 21 di marzo 1530-

XIX

AL VESCOVO DI VASONK

Lo ringrazia del dono di una collana; ma non sa che farsi del titolo di cavaliere. La piú vezzosa e la piú vaga collana è quella, monsignore, che mi avete mandata, che si vedesse mai. Ella è tale, che bisogna che io o non la porti o che, portandola, l’asconda e da chi è de l’arte e da chi ne porta. Certamente che io non me ne privarò mai, si per venire da colui che osservo e amo sopra tutti gli altri uomini, si per la leggiadria de la novitá sua. Insomma io accetto la catena, ma non il vostro farmi cavaliere per mezzo del previlegio imperiale, perché io ho detto ne la comedia del Marescalco che un cavaliero senza entrata è un muro senza croci, scompisciato da ognuno. Lascisi cotal degnitá ad alcuni civettini che gonfiano per ciò, i quali a tutti i propositi adattano «noi cavalieri». lo mi contentarci di quel che io sono, purché agli onor miei fusse agiunto qualche cosa da mantenermici. Ma parliamo d’altro. La gioia di valore, che con la catena è venuta, terrò io finché potrò. E il rimediare al dubbio del mio mandarla invisibile, sta nel suplimento che potete fare ai miei bisogni, i quali vi ramento che ricordiate al papa.

Di Venezia, il 17 di settembre 1530.