Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/375

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avotarsi a Giobbe. Or sia con Dio, poiché l’istoria dei suoi evangeli ha sodisfatto: duoimi che non posso per ora fornirvi d’un’altra. E forse che si: spettate pure che il grillo poetico mi levi in punta di piè la fantasia. In questo mezzo vi oflfero quel ch’io ho e quel ch’io posso; e ben lo debbo fare, essendo voi il piú fervido amante che abbino gli ingegni dei vertuosi. DI Venezia, il 16 di decembre 1537.

CCXCIX

AL MAGNIFICO MESSER GIROLAMO MOLINO

Di Pietro Zeno e di Ibrahitn pasciá. Io, dottissimo amico, determinai, otto di sono, di venir questo giorno proprio, non pur a godermi l’architettura e la vista de la bellissima e commoda casa vostra, ma la magnificenzia de l’ottimo messer Piero, di cui voi e lo eloquente messer Nicolò siete onorati figliuoli; ma sono stato ritenuto da venticinque parole, ch’io voleva mettere insieme per render grazie a la infinita bontá del clarissimo Pietro Zeno, il cui gran favore ha fatti vergognare i miei pochi meriti dinanzi a lo alto cospetto degli incliti signor capi, essendo egli perciò uno dei tre. Ma, ne lo entrare io nei modi coi quali la sua ardita prudenzia rinteneri il marmo de le nature turche, onde le sue magnanime condizioni si stabilirono ne la grazia ottomana, son rimaso come inanzi a la maestá d’un re si riman colui, che perde tutto l’animo de la voce ne l’autoritá de la sua presenzia. Io voleva, circa la incomprensibile grandezza di quello Imbraim (che, mentre in Constantinopoli fu balio de la serenissima Signoria, si degnò chiamarlo «padre»), a punto dire che la fortuna con esso seco avea fatto come quegli che si straccono per condurre un sasso ne la cima d’un monte, non per altro che per vederlo, nel risuspignerlo giuso, in piú bassezza che prima; e non ho mai saputo esprimerlo. E cosi va per chi non mesura la