Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. I, 1916 – BEIC 1734070.djvu/246

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contestabile come un messer Roberto de Rossi, mercante fiorentino, è quello che mi avvisa de lo infortunio occorsomi; onde de lui può spiarsi chi son coloro che van superbi di si disonesta vincita. Certo i taccagni hanno offeso il vostro sire non meno ne la riverenza che me rovinato nel bisogno. Ma, per esser la prestezza anima dei negozi, sia tosto ciò che io desidero; altrimenti, il fastidio, che vi dá la sicurtá de la mia fidanza, saria indarno.

Di Vinezia, il 21 di marzo 1540.

DXII

A MESSER FRANCESCO MARCHESCHI

Non attribuisca il suo non rispondere alle lettere a mancanza di affetto. Che piú bel testimonio potrei trovar io, circa il chiarirmi se il ben che mi volete è tale quale mi credo che sia, che il vedere la pacienzia che voi, figliuol prudentissimo, avete nel continuo vostro scrivermi e nel mio mai non rispondervi? La qual cosa mi dee tanto piú piacere quanto meno cotal virtú è di natura degli aretini. Certo ch’io vi sono assai tenuto nel conto de la benivolenza : resta mò che io venga agli effetti del sodisfarvela con una di quelle cose, che tosto vi faran confessare che non potreste mai vincermi ne la gara de lo amar gli amici come gli amo io. Risolvetevi pure che niuna vostra lettra mi è suta mandata indarno, se ben vi è parso che tutte sieno state invano. La fortuna, e non io, ha colpa di ciò che forse mi incolpate, ma sono io solo ne lo esser perversato da lei? Oltra di ciò, non appaio io, per Dio grazia, ancora vivo? Eccomi presto a voi, non senza consolazione di mia sorella, e di Eugenia e di Lucrezia, legiptime figliuole de la mia paterna affezzione, le quali giovani saluterete in mio scambio. Intanto tenetemi pur per quel vostro che mi avete conosciuto sempre.

Di Vinezia, il 27 di marzo 1540.